Recensione: El Niño
Gli Eldritch nascono con il nome attuale nel 1991, come continuazione di una band precedente chiamata Zeus. In seguito alla realizzazione di un paio di demo vengono notati e nel 1995 esce il loro primo album intitolato “Seeds of Rage”. Il mix di prog, thrash, power ed heavy classico che il gruppo propone è sicuramente azzeccato, ma è nel 1998 con l’uscita del terzo album, questo “El Nino”, che la band raggiunge probabilmente il suo apice compositivo.
I rimandi a band estremamente differenti tra loro come Queensryche, Metallica, Annihilator, Fates Warning, Dream Theater, Coroner e Pain of Salvation sono molto forti, eppure lo stile degli Eldritch è estremamente omogeneo e al tempo stesso originale.
L’album si apre con “Fall From Grace”, un brano quasi interamente strumentale in cui gli strumenti canonici, e la tastiera in particolare, si fondono con vari effetti e suoni elettronici, mentre sotto a tutto troviamo una voce recitata quasi sottovoce. Subito dopo troviamo “No Direction Home”, una canzone di oltre sette minuti che mostra subito che pasta sian fatti gli Eldritch, passaggi più veloci ed aggressivi con chitarre graffianti, si alternano ad altri più tecnici e raffinati della migliore scuola prog, senza dimenticarsi una certa orecchiabilità, soprattutto nel ritornello, più cara alla scuola power tedesca. I minuti passano senza lasciare segni di stanchezza nell’ascoltatore come ben pochi gruppi posson vantarsi di saper fare.
Più veloce è “Heretic Beholder”, brano che pur mantenendo intrecci di chitarre di chiaro sapore prog, non disdegna suoni graffianti e una batteria degni del miglior thrash di scuola americana. Oltre a tutto questo, nella quarta traccia “Scar” troviamo anche un moderato uso dell’elettronica, sia per quello che riguarda la voce, che in alcuni punti troviamo filtrata, che in passaggi strumentali elettronici “solisti” che come sottofondo agli altri strumenti, grazie all’uso di effetti e suoni particolari.
“The Last Days of the Year”, comincia un po’ come la classica ballad presente in quasi tutti i dischi power, per fortuna gli Eldritch preferiscono una volta in più rompere gli schemi. Così se la prima parte è lenta, melodica, con la voce accompagnata solo dal pianoforte e dalle tastiere, poi il tono si fa via via più aggressivo. Fanno capolino le chitarre elettriche e la batteria assume sempre più corpo, così come la voce che si alza in proporzione. Il risultato finale è decisamente positivo e rende questa canzone forse la mia preferita nel computo totale del disco.
A chiudere l’album, infine, troviamo la titletrack dell’album “El Nino” che con i suoi quasi dodici minuti di musica è indubbiamente la traccia più lunga, e al contempo più elaborata dell’album. Attraverso i suoi vari cambi di tempo, di registro, di suoni, è probabilmente la song che più di tutte le altre riassume e mette in luce le varie anime di questo gruppo così eclettico.
Per concludere si tratta di un gran disco, probabilmente il migliore di una delle migliori band partorite dalla nostra penisola, ma, come spesso accade, più conosciuta e apprezzata all’estero che in patria. Un disco che non può mancare nella collezione di chi apprezza il prog, ma anche di chiunque sa apprezzare la buona musica al di là delle etichette dei vari generi.
Tracklist:
01 Fall From Grace
02 No Direction Home
03 Heretic Beholder
04 Scar
05 Bleed Mask Bleed
06 The Last Days of the Year
07 From Dusk Till Dawn
08 To Be Or Not To Be (God)
09 El Nino
Alex “Engash-Krul” Calvi