Recensione: Electric Punishment

Di Vittorio Cafiero - 10 Maggio 2013 - 0:04
Electric Punishment
Etichetta:
Genere: Heavy 
Anno: 2013
Nazione:
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75

Trentatrè anni nell’underground non sono pochi. Trentatrè anni di fatica, di successo commerciale solo intravisto, di chilometri macinati, di avvicendamenti nella line-up, di cambi di etichette, di piccole gioie e dolorosissimi lutti. Ma quando c’è la passione, c’è tutto, specialmente nel “nostro” mondo e quando si parla di Vicious Rumors potete esser certi che tale energia sarà tradotta in musica vera e sentita.
A solo pochi mesi dall’album dal vivo Live You To Death e a due anni esatti dall’ultima fatica in studio Razorback Killers, i californiani si riaffacciano sul mercato con Electric Punishment, secondo lavoro con Brian Allen dietro al microfono e, di conseguenza, con una certa stabilità nella formazione (e chi conosce i Vicious Rumors sa che questa è di per sé una novità). Inoltre, finalmente una certa prolificità rispetto al passato che fa il paio, insistiamo, con una ritrovata carica che da un certo punto di vista stupisce, considerata l’età anagrafica “importante” dei nostri, specialmente dei fondatori Geoff Thorpe e Larry Howe.
Electric Punishment è un lavoro di solido US Power Metal, che incarna perfettamente le caratteristiche basilari del genere: in alcuni momenti davvero vicino alla pesantezza del thrash americano, in altri caratterizzato da linee melodiche più classiche che ne stemperano l’impatto e che riportano ad atmosfere eighties. Ancora, sempre in ambito di dicotomie, fa specie l’approccio moderno ad un genere tutto sommato tradizionale (ad affiancare Thorpe alla consolle, troviamo infatti Juan Urteaga, già mastermind dietro il suono di Machine Head e Skinlab, tra gli altri).
Già l’opener I Am The Gun, da cui è stato tratto l’omonimo video, è una vera e propria dichiarazione di intenti: così come era successo nei due lavori in studio precedenti (e un po’ secondo la tradizione della band), il pezzo posto in apertura ha come obiettivo primario l’annientamento dell’ascoltatore; dopo una breve introduzione in tempi medi, si parte in quarta con l’avvicendarsi di strofe e ritornello, che confermano come i Vicious Rumors siano diventati una sorta di Judas Priest all’ennesima potenza, grazie anche al singer Brian Allen che sembra una sorta di Rob Halford indiavolato (sebbene certamente meno dotato del Metal God). Si può inoltre affermare con una certa sicurezza che sia proprio l’aggressività del singer ex-Malice ad aver portato al progressivo indurimento della proposta della band negli ultimi anni.
Si continua con Black X List, classico pezzo in stile Vicious Rumors, che si caratterizza per la sua velocità e per un lavoro in fase solista entusiasmante: in questo caso è Bob Capka, live session nel corso degli ultimi tour, ad affiancare Geoff Thorpe all’ascia. Di nuovo, sempre nello stile Vicious Rumors, i dialoghi tra le chitarre soliste sono di primissimo livello e la costante presenza delle stesse – che sembrano sostenere senza soluzione di continuità il cantato – non può non riportare ai fasti del passato. Sicuramente un pezzo che non avrebbe sfigurato nei capolavori della band usciti anni or sono, complice anche una vena melodica abbastanza marcata.
Con la title track si cambia registro, per un pezzo molto più cadenzato, dove Allen sembra recitare la parte dell’inquisitore posseduto, salvo poi concedersi un bridge più ottantiano e meno convincente. I ritmi più dilatati del pezzo che dà il titolo all’album sono una breve parentesi, perché con D-Block si raggiungono davvero dei livelli impressionanti in quanto a velocità e pesantezza: in questo caso, i Nostri si cimentano sostanzialmente in un pezzo thrash, che in alcuni tratti ricorda gli ultimi Testament, in altri i Metallica più tradizionali e che salda i legami dei nostri con la Bay Area, non solo in quanto ad origine geografica (qualcuno ricorda un impressionante tour Death Angel-Forbidden-Vicious Rumors?). Devastante ancora una volta il lavoro svolto dalle chitarre soliste (ed in questo caso, si aggiunge al novero degli ospiti anche il vecchio amico Brad Gillis, ex-ascia di Ozzy Osbourne e leader dei Nightranger, oltre che essere stato della band sull’album Warball).
Più che discreta l’ottantiana Escape (From Hell), mini-suite caratterizzata nella prima metà dagli elementi tipici della power-ballad e che poi cresce in velocità secondo pattern di batteria relativamente quadrati che rimandano a quelli sfruttati spesso dai migliori Crimson Glory, mentre Dime Store Prophet è più in linea con le ultime uscite targate Vicious Rumors, pezzo apprezzabile, ma che non fa gridare al miracolo davvero.
Capitolo a parte merita Together We Unite, che davvero esula da quanto fatto fino ad esso dalla band californiana, non solo nel disco oggetto della presente analisi, ma nel corso di tutta la carriera: si tratta di un inno all’ormai celebratissima fratellanza nel nome del rock, corale e cantabilissimo, assolutamente eighties nelle atmosfere, una sorta di “God Gave Rock’N’Roll To You in versione più robusta meets Quiet Riot”, per usare un termine di paragone fantasioso ma plausibile. Gradevole, ma, ammettiamolo, preferiamo i Vicious Rumors nella loro forma più energica. Eternally, al pari, percorre anch’essa la strada della novità: pezzo oscuro, ripetitivo, alienante, cantato da un Geoff Thorpe quasi in trance. La tentazione di skippare in questo caso è abbastanza forte. Ci pensa Thirst For A Kill a riconsegnarci i Vicious Rumors nella loro forma più classica, mentre la chiusura è affidata a Strange Ways, cover del poco famoso pezzo dei Kiss tratto da Hotter Than Hell.

Un inizio travolgente, una seconda parte meno impattante, per un ritorno comunque positivo e, soprattutto, gradito. Pur se inferiore, secondo chi scrive, ai precedenti due lavori in studio, Electric Punishment è l’esempio che, nonostante gli anni, le difficoltà e la mancanza della vera fama, si possa continuare a scrivere musica e a calcare i palchi di mezzo mondo per passione. Rivolgere un sentito bentornato ai Vicious Rumors è d’obbligo, così come è opportuno, per chi ancora non li conosce, approfondire l’intera carriera di una band che ha dato tanto e che ha ricevuto in cambio troppo poco.

Vittorio “Vittorio” Cafiero

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Genere:
Anno: 1994
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