Recensione: Electric Stalker
Proposta decisamente variegata ed eterogenea da parte degli scandinavi Speedy Gonzales che lanciano sul mercato un cd per nulla inquadrabile in una direzione stilistica univoca e spiazzante per varietà di umori e attitudini.
Siamo al cospetto di uno dei tanti supergruppi che sempre con maggiore frequenza vengono a costituirsi in ambito melodic-class rock, dove i singoli componenti derivano da entità musicali solitamente di grande rilievo per confluire in un progetto, spesso limitato ad una sola uscita, creato talvolta per dar sfogo a proprie velleità difficilmente esternabili nella casa “madre” o, come nel caso degli Speedy Gonzales, molto più semplicemente per puro diletto e divertimento nel fare musica. Questa volta i personaggi coinvolti sono Thomas Vikström (già voce di Talk Of The Town , Brazen Abbot e Candlemass), Marcel Jacob (noto per i suoi trascorsi con Talisman ed Yngwie Malmsteen), Daniel Flores (Xsaviour e Mind’s Eye) ed il “pluridecorato” Tommy Denander (Radioactive principalmente), le collaborazioni del quale sembrano non avere mai fine e già ascoltato più e più volte nel corso degli ultimi mesi su di una infinità di prodotti devoti al suono melodico; i natali della band sono comunque parecchio datati e risalgono al lontano 1990, quando Vikström e Denander gettarono le basi della proposta con un demo, mai pubblicato, che sarebbe poi risultato essere l’embrione del disco messo in pista ben sedici anni dopo e dal quale sono stati ripresi numerosi dei brani presenti in questo “Electric Stalker”.
Come detto in apertura, sono molte le influenze alle quali fanno riferimento i pezzi del dischetto: il genere indicato per questa recensione è “heavy” ma avrebbe potuto essere anche “AOR”, “Hard Rock” o “Class Metal” ad indicare come gli spunti siano francamente a volte diversissimi tra loro e per certi versi disorientanti a tal punto da dare luogo ad accostamenti del tutto insoliti e ben lontani dall’apparire amalgamabili, caratteristica questa, facilmente imputabile alla lunghissima gestazione del cd che risulta composto da canzoni create in un lasso di tempo molto lungo e dilatato.
Esempio estremamente chiarificatore di quanto appena detto è il binomio di tracce “Men With Medals” – “Dominator” (sesta e settima in scaletta) dove agli accenti mutuabili ad un AOR moderato e morbido, accostabile persino ai Bee Gees della prima, fanno da contraltare le sgommate hard n’heavy in scia ai Judas Priest (sin dal nome!) della seconda, caratterizzata anche dal cantato di Vikström che, con una grande quantità di acuti in falsetto, tenta di emulare senza alcuna vergogna Rob Halford…
Capirete dunque come il rischio di rimanere spiazzati in mezzo a questo bailamme sia molto concreto, tanto che in un primo tempo verrebbe da pensare più ad una sorta di compilation contenente gruppi di differente estrazione, piuttosto che ad un lavoro di un unica e ben definita band, ma tant’è, superato questo ostacolo notevolmente ingombrante, è in ogni caso necessario dare atto a questi artisti di essere riusciti a fornire qualche buon brano e soprattutto va sottolineata con grande enfasi la maiuscola prova di Denander alla chitarra, in grado di conferire sempre un valore aggiunto ad ogni episodio grazie ad una bravura incontestabile unita ad un buon gusto di rara efficacia; in effetti la saxoniana “Desires Of The Flesh” è comunque godibile e si presta ad un ascolto “a tutto volume” , così come la title track, non molto distante dai Metal Church, mentre sul versante più morbido emergono “Free Like An Eagle” (pezzo che risale alla produzione dei Talk Of The Town), “Make Love In Red”, esempi di buon hard rock nord europeo ultramelodico ed orecchiabilissimo e “Shock The Nation” con richiami addirittura gospel e spiritual nei cori (!).
Insomma, un cd che non va preso troppo sul serio, capace di sfoderare brani assolutamente non cestinabili ma alquanto zoppicante in sede di amalgama e coerenza stilistica (per qualcuno potrebbe anche trattarsi semplicemente di “varietà”): trattandosi in ogni caso di un progetto definibile come puro “divertissement” di quattro bravi musicisti, è possibile accettare questa caratteristica di buon grado, a patto di non essere alla ricerca del capolavoro o del prodotto destinato a restare negli annali, casi nei quali vi consiglio di rivolgere l’attenzione decisamente altrove!