Recensione: Elegies
Malgrado sembri che il metalcore abbia varcato la vetta della massima espansione e creatività più o meno un lustro fa, non sono poche le band che giungono al debut-album in questi ultimi anni. Fra di esse, ci sono i Remains In A View. Italiani, nascono nel 2007 per dare alle stampe il classico promo prima (2009), e il primo full-length poi: “Elegies”, 2013, con la Memorial Records.
La proposta del combo di Sulmona è classica che più classica di così non si può, beninteso riferendosi sempre al summenzionato genere. La fedeltà del suono di “Elegies” ai dettami fondamentali del metalcore è impressionante, essendo davvero arduo se non impossibile trovare in esso anche un accenno di contaminazione extra-stile, di evoluzione dal prototipo basilare, di spirito progressista. Certo, il metalcore in sé è una tipologia metallica relativamente giovane che, nella foggia dipinta dai Nostri, rappresenta la modernità in tutto e per tutto. Anche se, a leggere il loro moniker, a osservare il loro look e l’artwork del platter, e a sentire il suo suono, il tutto pare leggermente in ritardo. Come se il disco fosse stato concepito, non a caso, proprio tre/quattro anni fa. A parte i dettagli visivi, comunque, è proprio il sound del disco stesso a mostrare un po’ la corda, intrappolato in una conformità forse esagerata. Le ruvide harsh vocals di Dave, i riff taglienti e i ricami dorati di Devid e Pier, la rutilante sezione ritmica impersonata da Matt e Atomo, insomma, sono tutto quanto ci si aspetterebbe di ascoltare dopo la lettura del termine ‘metalcore’ su un tomo enciclopedico. Né una virgola in più, né una in meno. Tagliando così le gambe a chi, da essi, si aspetterebbe qualcosa di maggiormente sostanzioso di una fedele ma pedissequa interpretazione di un genere conosciuto in ogni suo risvolto, in ogni sua piega.
Appare quindi evidente che il vizio capitale dei Remains In A View è una certa mancanza di originalità, o perlomeno di coraggio nell’osare qualcosa che non sia già stato sviscerato da altri. C’è da dire che l’ensemble abruzzese ha una professionalità assoluta, e che il sound di “Elegies” è praticamente perfetto: pieno, carnoso, potente, profondo, metallico, lindo e pulito. Questo però non basta, in presenza del difetto sopra menzionato. Soprattutto se anche le canzoni non brillano per particolare spirito innovativo, mancando peraltro manifestazioni di talento compositivo. Pure in questo caso i Remains In A View svolgono il loro compitino in maniera impeccabile ma, per l’appunto, trattasi solo di… compitino. Pur non mancando qualche episodio degno di menzione come “Travelers”, di sicuro impatto per via della sua indubbia melodiosità e del timbro vagamente malinconico, le song dell’album non riescono a differenziarsi molto l’una dall’altro, sembrando un po’ troppo simili fra loro. Forse sono le linee vocali, poco variegate, o i ritmi, tendenzialmente monotoni. Di fatto, la sensazione è che a “Elegies”, fra un breakdown e l’altro, manchi il famigerato ‘qualcosa in più’ per restare impresso a fuoco nella memoria dei fan. Sia per quanto riguarda il sound, sia per quanto riguarda le song.
Per ciò, seppur tecnicamente maturi per il mercato discografico, i Remains In A View mancano nella questione artistica, rivelando un approccio troppo conservativo al songwriting. Magari per timore di sbagliare. “Elegies” è fatto bene e suona anche bene, ma mostra la corda abbastanza in fretta, povero com’è di freschezza e di batticuore. Rischiando di cadere in fretta nel dimenticatoio per noia incipiente. Peccato, sarà per la prossima volta.
Daniele “dani66” D’Adamo
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