Recensione: Element V

Di Simo Narancia - 14 Giugno 2005 - 0:00
Element V
Band: Voyager
Etichetta:
Genere:
Anno: 2004
Nazione:
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76

Quante sorprese questi Voyager! La prima è che vengono dall’Australia e non mi capita così spesso di ascoltare gruppi strettamente metal provenienti dal quinto continente. La seconda è che questo che ho tra le mani è un debut album e per esserlo è in realtà un prodotto ben studiato e molto maturo sotto ogni punto di vista. La terza, diretta conseguenza delle prime due, è che sembra evidente che per trovare qualcosa di nuovo/particolare bisogna andare a spulciare sì ai confini tra i generi  ma soprattutto ai confini geografici del metal, visto che la scena europea inizia a ristagnare e vivere all’ombra dei grandi nomi.
La proposta dei nostri eroi è sostanzialmente classificabile come melodic metal, quello che strizza l’occhio al power neoclassico e al progressive, quindi sostanzialmente niente di nuovo. La particolarità invece sta nel fatto che se la base è quella appena descritta, il contorno è un continuo saltare “di palo in frasca” fra le sonorità più disparate così da trovare passaggi synth pop, accenni di growl nel cantato, tastiere techno ma anche cori “a cappella” di stampo ecclesiastico (l’ottima e brevissima Miseria), melodie mediorientali (Kingdoms of Control) e divagazioni darkeggianti. Il tutto condito da un’atmosfera spaziale/new age. E proprio di viaggio ai confini del tempo e dello spazio è la sensazione che dà l’ascolto di questo disco (sensazione confortata dalle liriche).

I brani in più di un’occasione mi hanno riportato alla mente i nostri Labyrinth (dei primi due dischi) sia in fase ritmica (chitarre) che per l’uso di tastiere dai suoni  pieni e spesso orientati alla techno,  (come nello strumentale The V Element, sorta di tributo “futuristico” al genio di Vivaldi), ma i riferimenti, come già detto, possono essere trovati un po’ ovunque nel metal melodico e non. Tra tutti (ben quattordici) mi sento di citare Monument, sfuriata power/speed da sapore neoclassico, una sorta di Majestic (Richard Anderson) in versione spaziale; The Eleven Meridian,forse la più vicina ai già citati Labyrinth;  The Bitter Land, vagamente votata al dark rock; The Ancient Labyrinth, tra le più smaccatamente power dell’intero lotto (vicina in alcune soluzioni ai primi Nightwish).  Ma nel complesso è tutto il cd ad essere su buonissimi livelli, tanto che un vero e proprio filler non esiste.

Su tutto “spadroneggia” Daniel Estrin: con la sua voce, abbastanza lontana dagli standard tipici del power  e molto più vicina a certo pop (avete presente gli OMD o i Pet Shop Boys? Beh immaginateli con una sfumatura “dark romantic rock” e più o meno avrete un’idea), riesce a disimpegnarsi bene in ogni situazione, dalla più suadente alla più aggressiva, proponendo perfino alcuni accenni di growl (poco esasperati per la verità). Il mixaggio, vista l’impronta futuristica dell’opera, dà più risalto alle tastiere e alla sezione ritmica, mentre le chitarre vengono fuori bene in occasione degli assolo.

L’assimilazione di un disco del genere non è immediata, forse per via di un cantato molto particolare  forse per la mescolanza tra i generi,  ma già dopo i primissimi ascolti vengono fuori tutte le qualità di questa band e così Element V acquista qualcosa di volta in volta. E se questo è l’inizio, non posso che aspettarmi un futuro ancora più roseo per i Voyager.

Daniel Estrin – Vocals & Keyboards
Melissa Fiocco – Bass
Emanuel Rudnicki (Manny) – Guitar
Mark De Vattimo – Guitar
Geoff Callaghan – Drums & Percussion

Track List:
01.Sic Transit Gloria Mundi
02.To The Morning Light 
03.Cosmic Armageddon, Pt. I
04.Towards Uncertainty
05.The Eleventh Meridian
06.This Bitter Land 
07.The Ancient Labyrinth
08.Miseria
09.Monument
10.The V Element
11.Cosmic Armageddon, Pt. II
12.Kingdoms Of Control
13.Time for Change 
14.Echoes Of Old Terra

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