Recensione: Elevation

Di Fabio Vellata - 24 Settembre 2014 - 0:01
Elevation
Band: Skyscraper
Etichetta:
Genere: AOR 
Anno: 2014
Nazione:
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80

Ricca più che mai la panoramica di buone uscite melodiche di quest’ultimo periodo.
Sulla scorta della consueta abbuffata di ottime news in casa Frontiers ed insieme alle recenti proposte di Miss Behaviour e Niva, i fan dell’AOR più elegante e ben suonato potranno gioire pure di un’ulteriore novità che, sin dalla line up, elargisce sicure promesse nel campo dell’eleganza e della gran classe.

Motore primario di questa new entry nel firmamento del melodic rock è, infatti, uno stimatissimo ed abile professionista quale Tor Talle, songwriter ed esperto delle sei corde già ammirato in numerosi progetti di settore quali Northern Light e JLT, piuttosto che in compagnia di eccellenze del ramo come Joe Lynn Turner, Steve Overland, Tony Mills, Rob Moratti e Fergie Frederiksen: in sostanza, una sicurezza in termini assoluti.
Ad accompagnarlo, un trio di artisti di spessore massimo e grande autorevolezza: Dave Boyce (bassista di Airrace e Quireboys), Imre Daun (drummer dai trascorsi con White Wolf, Gypsy Rose e Salute) e, soprattutto, Lee Small, singer tra i più capaci, espressivi e talentuosi dell’ultima generazione (ascoltato di recente nell’ultimo, splendido, album degli Shy), per il quale non pare per nulla fuoriviante la nomea che lo vorrebbe quale erede ideale del sommo Glenn Hughes. Un nume tutelare cui Small pare comunque ispirarsi in larga parte e dal quale ha, in pratica, ricevuto una sorta di investitura solenne.

Giocato interamente su tinte tenui e melodie spesso edulcorate, “Elevation” debut album degli Skyscraper, cerca di cogliere nel segno in un modo decisamente impegnativo per una band di melodic rock. Nessun “impatto” dirompente ne trovata di facile consumo: in realtà la base fondante del progetto è per intiero da identificare nel dualismo ricercato di un songwriting costruito attorno ad un consistente numero di melodie “cromate”, avvolte sulla magnifica voce di Small. Un binomio che riesce, in più di un’occasione, a produrre risultati di notevole livello.
Detto fatto: con il trittico iniziale si concretizzano, ad esempio, atmosfere da magia AOR in cui l’orecchio non viene mai preso d’assalto quanto, piuttosto, accarezzato e blandito per mezzo di armonie in cui, ancora una volta, la parola “eleganza” si propone come summa definitiva di un nucleo di musicisti, senza dubbio, ben focalizzati sull’obiettivo di garantire all’ascoltatore un qualche momento di piacevole relax sonoro.

I paragoni con Talk of The Town, Street Talk, Alien e Bad Habit sono del tutto alla portata di mano e si esplicano in maniera nitida nel corso di una tracklist, in effetti, parecchio corposa e nutrita.
Unica e forse più grande pecca dell’intero album, una certa prolissità di fondo, rilevabile in qualche episodio (“Runaway Hearts” e “Through The Eyes Of Liberty” su tutti) e proprio in una scaletta decisamente prolungata, data la presenza di ben quattordici brani a comporla.
Va detto: quando la musica è di buona qualità, l’ascolto risulta comunque lieve e piacevole. Ad aiutare il pronto godimento di un disco che inevitabilmente si segnalerà all’attenzione degli AOR Maniacs – oltre alle gia citate iniziali “Sail Away”, “Monday Morning” e “Fry Away” – non possono quindi mancare all’appello la canzone simbolo del moniker “Skyscrapers”, la raffinata “Sky is Turning Blue” e la notturna  “Sweet Little Sister”, passaggi che evocano immagini di skyline metropolitani (la cover del disco ha il suo “perché”) mandando a memoria uno stile, nel suscitare emozioni attraverso i suoni, al solito, di evidente carattere ottantiano.

Cantato ed interpretato divinamente, suonato in modo egregio e con produzione di buona qualità, “Elevation”, debutto degli Skyscraper è, come detto in apertura, uscita degna di menzione per un buon numero di ragioni utili a farne preda interessante agli occhi (ed orecchie) degli estimatori di AOR e rock melodico.
Data la caratura artistica raggiunta ammettiamo che ascolteremmo volentieri l’eccellente voce Lee Small molto più spesso. Ci auguriamo davvero che questo nuovo progetto musicale rappresenti, oltre alla nascita di una buona band, pure lo spunto definitivo per la consacrazione di uno dei singer più dotati e validi dell’ultima generazione.

Grande classe. Nulla più, nulla meno.

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