Recensione: Eleventh Hour
Per la maggior parte degli appassionati di hard rock il nome di Gary John Barden è legato alla militanza – nei primissimi anni Ottanta – tra le fila del Michael Schenker Group, il mitico combo dell’ex chitarrista degli Scorpions, con il quale Barden ha realizzato i primi due album, il doppio live “One Night in Budokan” ed il long-playing del 1983 “Built to destroy”, seguito da un altro live.
Successivamente, il curriculum del singer ha annoverato collaborazioni con Gary Moore, con gli Statetrooper (insieme all’ex Thin Lizzy Brian Robertson), con i Praying Mantis, i Company Of Snakes, i Silver (con Michael Voss dei Casanova).
Gli anni duemila (o zero zero, che dir si voglia) lo hanno invece visto titolare, oltre che di un ritorno con gli MSG, di un pugno di album da solista. Ed ecco che proprio in questi giorni arriva anche il quarto full-length a nome Gary John Barden, intitolato “Eleventh Hour”, in uscita per la label Escape Music.
Anche in questo caso il lavoro di produttore e di polistrumentista è affidato al vecchio amico Michael Voss, che gli confeziona su misura un pugno di canzoni di purissimo e classico hard rock d’altri tempi, roccioso e canonico, melodico e talora anthemico quanto basta per valorizzare adeguatamente la voce del prestigioso frontman.
Scorpions, MSG, UFO, Led Zeppelin e Whitesnake sono i riferimenti che vengono ovviamente in mente ascoltando “Eleventh Hour”, il cui limite, a fronte di una classe ed un mestiere indiscutibili, è nell’assenza di spunti particolarmente innovativi.
Tra le songs che qui si fanno certamente apprezzare, ci piace evidenziare tanto per cominciare “Fallen by the wayside“, squadrato e catchy rocker alla Scorpions/MSG, nel quale emerge il prezioso apporto della chitarra di Voss.
Interessante è pure la cadenzata e teutonica “Baghdad“, come pure “Don’t take me for a loser“, vivace cover dal repertorio del grande e purtroppo scomparso Gary Moore.
Altrove l’atmosfera ondeggia dai toni più cupi di “Blackmail“, dove ancora una volta possiamo apprezzare le acrobazie sonore dell’ascia di Michael Voss, a quelli più solari e melodici, di marca USA, di “Shine a light on me“, mentre “Easy does it“ riecheggia le più ….classiche tra le classic-rock bands con il suo andamento elegante ed un poco ruffiano e la sua chitarra blueseggiante.
Il resto di “Eleventh Hour” scorre invece in maniera sempre dignitosa e di classe, ma un tantino manieristica e senza particolari guizzi di originalità, confermando il full-length come un album destinato ad un pubblico sintonizzato in maniera decisa su un suono hard antico, collaudato, consolidato e senza contaminazioni.
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Tracklist:
01- Baghdad
02- Fallen by the wayside
03- Child of Sorrow
04- What you wanna do
05- We are dead
06- All in
07- Blackmail
08- Shine a light on me
09- Easy does it
10- Before the eyes of the world
11- Don’t take me for a loser
Line Up:
Gary Barden – voce
Michael Voss – chitarra, basso, batteria