Recensione: Elvenefris
Mentre dagli USA sorgeva la bestia a nome Nile, pronta a squarciare i timpani di chiunque vi capitasse a tiro, e i Necrophagist avevano appena stupito il pubblico underground con il loro Onset of Putrefaction, dalla Repubblica Ceca (straordinario quante buone release stiano arrivando dall’est europeo!) emergevano timidamente questi Lykathea Aflame. Tuttavia il pubblico non fu ricettivo come probabilmente si aspettava la band, che infatti si sciolse nel 2004 per ritornare con un nuovo nome (Lykathé), line-up rinnovata e un album, attualmente in fase di composizione.
Citare i Nile è doveroso perchè la proposta del combo Ceco, pur non essendo particolarmente simile, ricalca più o meno gli stessi stilemi: ovvero unire un death metal iper-tecnico con cambi di tempo improvvisi, blast-beat micidiali e voce growl straordinariamente gutturale, a temi inusuali. Mentre per i Nile il filone conduttore è la mitologia egizia, questo Elvenefris è tutto incentrato sulla tematica della purificazione spirituale, raccontata attraverso la metafora di un luogo – il Lykathea, per l’appunto, assimilabile ad una sorta di “terra promessa”, che l’uomo cerca per ottenere la purificazione agognata – ritratta nella metafora della fiamma di Elvenefris.
La open-track, Land where sympathy is air, descrive proprio questo luogo “beato” che il protagonista di questo, che può quasi essere definito un
concept album, sta cercando. La seconda traccia To become shelter and salvation è tutta incentrata sul desiderio del protagonista di raggiungere questo “rifugio e salvezza” tanto agognati: e così questa straordinaria band prende una tematica che potrebbe sembrare adatta ad un album di musica chill-out ambientale, adattandola perfettamente al contesto musicale, sviluppandone tutti i momenti.
Apriamo una parentesi sulla sezione tecnica: beh, indescrivibile! Soprattutto il batterista – elemento di punta e conduttore, com’è logico, in una band simile – straordinariamente accurato tanto sulle pelli quanto sui piatti, precisissimo nei blast-beat e nei cambi di tempo. Le chitarre sono poi un’altro capitolo a parte, nella loro straordinaria ricerca melodica che però non si limita alle parti acustiche ma anche a quelle più furiose (ascoltate Bringer of Elvenefris flame, la migliore canzone dell’album secondo me, e capirete di cosa parlo). Lievi inserti di tastiera danno un’ulteriore tocco all’album, che nel complesso ha un sound particolarmente originale e fuori dagli schemi; se preferite, potete far rientrare quest’album anche nella categoria – ormai fin troppo abusata e inflazionata – del metal progressivo (ma non azzardatevi a pensare ai Dream
Theater!).
La produzione è molto curata, le chitarre sono ben compresse ma graffianti al punto giusto, il basso – come la voce – sanno farsi notare, le tastiere sono regolate alla perfezione. Forse non piacerà a tutti il particolare suono del rullante, particolarmente acuto e incisivo.
In conclusione questo Elvenefris è un gioiello che purtroppo si è perso e che è un bene recuperare; una composizione originale e potente, melodica ma distruttrice, metafora della purificazione spirituale raggiungibile solo dopo un massacrante cammino di scoperta, conoscenza e distruzione.
Line-up
Ptoe – Voce e Chitarra
Tom Corn – Batteria
Andy Maresh – Basso
Ondra Martinek – Chitarra
Tracklist
1. Land Where Sympathy Is Air
2. To Become Shelter And Salvation
3. Bringer of Elvenefris Flame
4. Flowering Entities
5. To Give
6. On the Way Home
7. Shine of Consolation
8. Sadness And Strength
9. A Step Closer
10. An Old Man And A Child
11. Walking In the Garden of Ma’at
Andrea “Angel at the Gates” de Franco