Recensione: Embrace Of Disharmony
Che soddisfazione quando tra mille ascolti di band sparpagliate in tutto il globo ci si imbatte in una scintillante band italiana che sforna un grande album fatto di cuore e talento con i colori del bandierone nazionale. Nessun sottotesto politico eh, non fraintendete, è solo sano orgoglio a dimostrazione che non sono solo (e sempre) gli altri a saper concepire del buon metal, e soprattutto a saperlo produrre con standard internazionali (vero tallone d’Achille di tanti nostri gruppi). Non sono dei novellini gli E.O.D., “De Rervm Natvra” è il loro secondo album dopo “Humananke” (2014), e l’EP “Whispers From The Edge Of Nowhere” (2010). Salta immediatamente all’orecchio l’enorme bagaglio di esperienza e mestiere che i capitolini portano in dote, espresso e dispiegato con grandissima generosità nell’arco dei quasi 55 minuti del disco. Di per sé questo li attesterebbe come dei bravi professionisti ma non necessariamente anche come dei musicisti degni di nota. Il quid che fa la differenza è fatto di gusto, talento e creatività, tutti al 33% in questa ideale sinergia artistica. Davvero folgorante il primo ascolto di “De Rervm Natvra“, al quale inevitabilmente ne seguono molti altri con estremo interesse e piacere. In modo macroscopico il genere proposto è etichettabile come progressive metal, più nella forma che nella sostanza, ovvero più grazie alla codificata struttura ad incastro di generi, che vede coinvolti heavy metal, symphonic ed extreme metal, quest’ultimo prevalentemente rappresentato da incursioni black. Tuttavia le partiture degli E.O.D. non sono mai eccessivamente cervellotiche, algebriche o involute, privilegiando anzi costantemente la melodia, un dinamismo “light” e altamente digeribile, ed una fluidità di passaggio da un’atmosfera all’altra, da patterns ritmici veloci ad altri più ragionati e viceversa.
L’album è un concept, basato – come lo stesso titolo lascia presagire – sul poema di Tito Lucrezio Caro del I secolo a.C. Come riporta Wikipedia, Lucrezio si fa “portavoce delle teorie epicuree riguardo alla realtà della natura e al ruolo dell’uomo in un universo atomistico, materialistico e meccanicistico: si tratta di un richiamo alla responsabilità personale e di un incitamento al genere umano affinché prenda coscienza della realtà, nella quale gli uomini sin dalla nascita sono vittime di passioni che non riescono a comprendere.” Altro motivo di soddisfazione in merito a questo album. Anziché occuparsi di draghi, mostri cthulhiani, divinità sumere, diavolacci o ghetti del Bronx, gli E.O.D. ci catapultano in piena letteratura epica latina, sulle ali di scienza, poesia e filosofia, alla maniera dei veri “grandi antichi” della storia umana. (e di stretta nostra pertinenza in quanto mediterranea). “L’album è un corpus unico, tanto nel concept quanto nella musica e come tale va assaporato. Posso segnalare a mio gusto la particolare eleganza e bellezza di tracce quali “De Primordiis Rervm“, “De Motv Primordivm Rervm” o “De Formatione Orbis“, ma si tratta giusto di preferenze soggettive, poiché è l’intero platter ad essere ad altissimi livelli e ad offire continuamente spunti in un regime di perenne, infinita compenetrazione l’un con l’altro.
Ulteriore qualità viene aggiunta dalla notevolissima produzione, estremamente competitiva rispetto al mercato attuale, curata da Giuseppe Orlando (Novembre) agli Outer Studio e ulteriormente finalizzata dalla masterizzazione di Mika Jussila (Nightwish, Stratovarius) ai Finnvox Studios. Gloria Zanotti e Matteo Salvarezza si dividono le vocals colorando di ogni sfumatura possibile le partiture degli E.O.D., coadiuvati anche dallo special guest Marco Migliorelli (al quale va addebitata la voce narrante su “De Infinitate Orbivm” e “De Mortalitate Animae“. Latino ed inglese si spartiscono il campo, facendosi sponda l’un l’altro in un interessante ibrido linguistico che perlomeno si accende di originalità rispetto al solito. Di effetto anche l’artwork “pantesistico” dell’album, abbastanza affine ai territori musicali di avanguardia e sperimentazione degli E.O.D. Complimenti dunque ai nostri connazionali, certamente abili nell’imporsi all’attenzione dei metalkid con questo pregevole lavoro di gran classe ed opulenza, tanto quantitativa quanto qualitativa. Non ne escono di frequente album così, soprattutto ad opera di band relativamente giovani. Gli E.O.D. non sono accostabili a nessuno in particolare, essendo riusciti sapientemente a creare un proprio stile, un proprio marchio, da sviluppare e far ulteriormente evolvere in futuro (ad esempio io insisterei di più sui momenti “electro” qui ancora molto timidi), tuttavia se provaste a mettere assieme suggestioni provenienti da band come Cynic, Therion, Arcturus e persino vecchie leggende del metallo italiano come Power Symphony e Dame En Noir, avreste perlomeno una cornice di massima, un’atmosfera “generale” nella quale calare il lavoro di questa bella band tricolore. Buon ascolto!
Marco Tripodi