Recensione: Embrace of the godless aeon
Trovandomi davanti al nome Hecate Enthroned, in connessione al fatto che la band fa black metal, l’aspettativa era quella di avere a che fare con un gruppo proveniente dalla penisola ellenica (visto l’imminente album dei Rotting Christ, la voglia di approfondire la conoscenza della scena achea si sta facendo piuttosto forte). La verità è ben diversa. Il complesso in questione infatti non viene da una penisola ma da un’isola, la più grande dell’arcipelago britannico, ed è pure attiva da oltre vent’anni. Di fatto però, in questo periodo ha dato alle stampe solo una manciata di produzioni, sei in tutto.
Dopo il 2004 (quando ero un pischello delle superiori che poco sapeva di metal, in effetti), i nostri non hanno prodotto nulla in studio, a dispetto di una discreta attività concertistica. Il ritorno fu nel 2013 e, dopo una pausa di altri sei anni, eccoci qui con “Embrace of the godless Aeon” tra le mani.
A onor del vero, un disco della band albionica su queste nostre pagine lo troviamo pure recensito. Non che ci fossimo andati giù leggeri quella volta, sia chiaro. Ma confrontando quel che si legge nella nostra recensione a quel che si sente in “Embrace of the godless Aeon”, pare proprio che gli inglesi – in più di 15 anni, ma tant’è – si siano rifatti il look parecchio.
“Embrace of the godless Aeon” mette infatti in mostra un buon black sinfonico, solido e anche piuttosto sfaccettato a ben guardare. Pur mantenendo un sound ben compatto, la band riesce a svariare piuttosto bene e a produrre un disco che non annoia. Certo, non si tratta di roba innovativa e, bisogna ammetterlo, le tastiere sono, per larga parte, una delle cose più banali che si sia sentito da diversi anni. Però è fuori discussione che la prova è valida e le composizioni girano più che bene. Alle volte, poi, balza alla mente il nome dei Cradle of Filth – di oggi come di ieri.
In tutto questo, la composizione che rimane più impressa, soprattutto per la voglia di fare qualcosa di più complesso, sebbene già sentito, è senza dubbio ‘Goddess of dark Misfits’. Pare di sentire certo ‘black artistico’ di casa nostra, con un contrasto tra scream e voce da soprano su una base rocciosa, accompagnato da un giro di piano decadente e (una volta tanto) apprezzabile. I brani accattivanti comunque non mancano e i nostri sono abili ad attingere da varie influenze, ora l’avantgard black, ora il goth anni ottanta, per risultati che, sebbene sappiano molto di già sentito, non risultano mai noiosi.
Insomma, “Embrace of the godless Aeon” è un buon disco e gli Hecate Enthroned sono senza dubbio una band onesta. Visto quanto letto nell’altra recensione, l’idea è che la lunga pausa abbia fatto bene ai nostri. Sicuramente consigliati a chiunque adori il black sinfonico. Chi ama il black può comunque dar loro una possibilità.