Recensione: Emerald Steel

Di Eugenio Giordano - 16 Aprile 2004 - 0:00
Emerald Steel
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Genere:
Anno: 2004
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62

Gli Elerald Steel erano una promettente metal band fondata nel 1980 in Florida dopo l’unione artistica di Edward Peterson (chitarre), John Beers (batteria) con i brasiliani Wagner Geronymo (voce) e Mauricio Defendi (basso), gli ultimi due provenienti dalla epic metal band carioca Mascara De Ferro. Il risultato di questo particolare sodalizio musicale è stata la produzione di un disco omonimo nella seconda metà degli anni ottanta, un lavoro che oggi risorge a nuova vita grazie agli sforzi della Hot Metal Records.

La ristampa di questo “Emerald steel” non andrebbe considerata tale almeno qui da noi in Europa, infatti possiamo dire che questa è la prima stampa ufficiale, in tiratura limitata, del disco registrato nel 1986 ma edito solo per il mercato brasiliano e nordamericano. Musicalmente gli Emerald Steel non sembrano appartenere al filone delle classiche metal band americane avvicinandosi al suond degli Iron Maiden di “Somewhere in time” e “Powerslave” senza disdegnare influenze marcate della NWOBHM. La produzione del disco si impreziosice grazie all’ausilio di un tappeto tastieristico capace di enfatizzare il tono epico della musica del gruppo, ci sono anche frangenti maggiormente diretti e capaci di catalizzare al volo l’attenzione dell’ascoltatore grazie a un suono di chitarra dinamico e vibrante. Peccato per la prestazione vocale del fantomatico Geronymo che in più occasioni lascia veramente delusi con una interpretazione stucchevole e giocata interamente su acuti eccessivi e a lungo andare noiosi. Sotto il profilo compositivo gli Emerald Steel non si spingono in composizioni particolarmente elaborate ma riescono comunque a mantere l’ascoltatore attento con spunti melodici crescenti ed efficaci. Siamo di fronte a un lavoro oggettivamente difficile da reperire sul mercato discografico, quindi ancora una volta vi esorto a leggere con attenzione le mie parole e a non farvi trarre in inganno dal valore “collezionistico” di un disco come questo. Non si tratta nè di un lavoro artisticamente fondamentale, nè di una band di culto e non crediate a chi vi dice il contrario.

Le danze sono aperte dall’ottima “Getting free” dove i nostri quattro mostrano di aver assimilato gli stilemi della NWOBHM ricordando da vicino band come i Clientelle o i Syar. Più travolgente e diretta “Sex metal” si affida a un refrain piacevole anche se non particolarmente ambiziosa. Di ben altra pasta “The battles end” mostra una chiara intenzione epica nel suo incedere crescente e chiama in causa gli Iron Maiden di “Alexander the Great” anche se non raggiunge un tale livello artistico. Oscura e convincente “D mirror 7” è una delle migliori del lotto e mostra la band alle prese con riff dinamici e refrain vocali molto convincenti. Ancora epici e ispirati i nostri quattro sfornano “The march” dove le chitarre soliste generano un grande mood melodico senza mai eccedere in vistuosismi e digressioni ripetitive. Il refrain classico di “When madness wears a crown” ripropone struttre epiche a parti ritmiche dall’appeal aggressivo e coinvolgente. Le conclusive “L.A. streets” e “You don’t care” non aggiungono nulla di particolare al buon Heavy Metal scoltato fin qui portando a termine l’opera sonora che gli Emerald Steel hanno saputo comporre.

In conclusione posso affermare di aver apprezzato questo lavoro, credo che gli Emerald Steel avrebbero potuto contare di più se qualcuno avesse creduto in loro dandogli la possibilità di incidere altri lavori ma purtroppo la band statunitense non ha lasciato altro se non questo platter omonimo a ricordare la sua esistenza ai posteri.

1 Getting free
2 Sex Metal
3 The battles end
4 D mirror 7
5 The march
6 When madness wears a crown
7 L.A. street
8 You don’ care

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