Recensione: Empire Of The Obscene
I Revocation sono sicuramente una delle realtà più peculiari in ambito estremo. Il trio di Boston, infatti, già autore di un altro disco con il moniker Cryptic Warning (“Sanity’s Aberration”, autoprodotto e rilasciato nel 2005), è autore di un death/thrash tutt’altro che monocorde ed irragionevole come se ne è sentito molto in questi ultimi anni, e alla loro furia mescolano una tecnica mozzafiato testimoniata da riff chitarristici molto variegati e continui cambi di ritmo.
Ad oggi i Revocation hanno pubblicato tre dischi. L’oggetto della recensione è l’esordio, datato 2008: “Empire Of The Obscene”. Il più grezzo e immaturo tra quelli rilasciati finora se vogliamo, ma nonostante ciò la perizia tecnica dimostrata dai tre musicisti è qualcosa di semplicemente disarmante.
“Unattained” apre il tutto con una fortissima eco slayeriana (che farà capolino per tutta la durata del disco) e rivela subito l’enorme padronanza dei tre giovani, ribadita con efficacia in “Tail From The Crypt”, accostabile ai Flotsam and Jetsam con la differenza che la voce non è pulita e melodica come quella di Eric A.K. ma più sguaiata e rabbiosa, e “Fields Of Predation”, dotata di un’ottima sezione strumentale ma anche di alcune linee vocali leggermente irritanti. Ovviamente sono presenti anche pezzi più tirati e più tipicamente thrash/death. È questo il caso di “Exhumed Identity”, forse il pezzo migliore del CD grazie a delle melodie vincenti e geniali, o la strumentale “Alliance In Tyranny”, che presenta rallentamenti ai limiti del doom.
Non mancano alcune ingenuità proprie dei debut album: ad esempio pezzi come “Summon The Spawn” (in ogni caso uno dei pezzi più belli e complessi) e soprattutto “Suffer These Wounds” potevano tranquillamente essere accorciati di un paio di minuti in modo da renderli più scorrevoli, ma a questo sopperisce una perla come “None Shall Be Spared (All Shall Be Speared)”, vero e proprio ricettacolo di riff articolati e violenza, coronato da un’eccellente prova vocale del chitarrista David Davidson, qui spietato come non mai.
“Stillness” è la quiete prima della tempesta: un breve assolo di chitarra classica pregno di una calma placida ma inquieta allo stesso tempo spiana la strada alla devastazione di “Age Of Iniquity”, feroce e potente come una crociata diretta alla testa dell’ascoltatore, seguita a sua volta dalla conclusiva, se possibile anche più brutale, title-track. Un pezzo che renderebbe fieri anche i Demolition Hammer più rabbiosi.
“Empire Of The Obscene” è un buonissimo biglietto da visita per i Revocation ma nonostante ciò presenta come quasi tutti gli esordi diverse piccole imperfezioni qua e là. Con gli altri due dischi rilasciati finora comunque il trio è esponenzialmente migliorato e rappresenta una delle più solide realtà di questi ultimi anni: quello che è sicuro è che nel prossimo futuro sicuramente ne sentiremo parlare molto spesso.
Federico “Federico95” Reale
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Tracce:
1. Unattained 3:41
2. Tail From The Crypt 4:40
3. Exhumed Identity 6:52
4. Fields Of Predation 5:59
5. Alliance And Tyranny 4:59 (strumentale)
6. Suffer These Wounds 6:11
7. Summon The Spawn 5:39
8. None Shall Be Spared (All Shall Be Speared) 5:44
9. Stillness 2:04 (strumentale)
10. Age Of Iniquity 4:59
11. Empire Of The Obscene 4:59
Durata 56 min.
Formazione:
Anthony Buda – Basso, voce
David Davidson – Chitarra, voce
Phil Dubois-Coyne – Batteria