Recensione: Empyrean
JD Miller è un complesso svedese attivo dal 2010 e dedito a un hard rock sufficientemente robusto con addentelli anche in territori heavy metal. Sino a questo momento ha realizzato quattro album in studio e un Ep. Il membro di maggior militanza nella formazione attuale è il chitarrista Tommy Timonen. Il resto della line-up si completa con Jonny Trobro (Hydra, Find Me, ex-First Signal) al basso, Emil Eriksson alle percussioni, tastiere e alla seconda chitarra per finire con il cantante Peter Halldén.
La loro ultima fatica, Empyrean, oggetto della recensione, vede la luce per Mighty Music e si compone di dieci tracce per poco meno di tre quarti d’ora di musica, come si era usi fare un tempo. Il Cd si accompagna a un libretto di dodici pagine con tutti i testi e curiosamente nessuna foto della band né dei suoi membri.
Basti sapere che se si vuole verificare come dovrebbe suonare un album di hard rock attualizzato al 2024 è sufficiente dare una scorsa – che inevitabilmente diventeranno poi molteplici – alle due manciate di canzoni realizzate da questi quattro musicisti provenienti da Borås, Västra Götaland.
A partire da “The Butterfly” sino ad arrivare alla lunga “Alive” ci si immerge in un crogiuolo dalle solidissime basi hard rock in grado di radunare al proprio interno influenze epiche – la stessa “The Butterfly” – richiami alla disco dance anni 80 per via dell’uso massiccio di synth come in “Inside The Night” e momenti di hard rock straclassico nell’accoppiata “Out of Control”/“I’ll Never Give Up”. A seguire la straniante e modernista “Awake (We Are The Machines)”. Dentro “One In a Million” JD Miller si concede un ulteriore tuffo negli Eighties sebbene innervato da chitarre di matrice tipicamente HM, “Call The Police”, fortemente debitrice dei Rammstein svela poi la propria anima più melodica andando a suggellare l’highlight del disco, per lo scriba. In chiusura l’ordinaria sebbene ammiccante “Enemy” seguita degli otto minuti scarsi di “Alive”, traccia ove il metallo sgorga copioso – rispetto ai pezzi precedenti, naturalmente… siamo lontani dai Paragon, per intenderci – nella quale, incredibilmente, malgrado la notevole durata, JD Miller riescono a non stancare. Da notare che, nonostante le forti dosi di melodia profuse, talvolta tracimanti all’AOR, nessuna ballad è presente nel disco. Notevole la prova del cantante Peter Halldén, uno che senza strafare si dimostra all’altezza del proprio compito.
Ottimamente prodotto, Empyrean rende alle casse in maniera impeccabile, benché il suono porti in seno un quid di sintetico, croce (per gli immobilisti) e viceversa delizia per coloro i quali vivono il proprio tempo e tifano per garantire un futuro certo all’ala melodica dell’heavy rock.
Che sia JD Miller la nuova via svedese dell’hard?
In fin dei conti i Ghost insegnano…
Intrigante
Stefano “Steven Rich” Ricetti