Recensione: En Delirium
Fino ad oggi i Grief Collector sono rimasti una realtà poco conosciuta ai più, ma con l’uscita di “En Delirium” le cose sono destinate a cambiare. La band, formatasi a Minneapolis nel 2017, è composta dal chitarrista/bassista Matt Johnson dei Sign of Reign (Power/Progressive Metal) e dal batterista Brad Miller degli ormai disciolti sludgers del Minnesota Among The Serpents. Dopo un biennio di attività i due, composto il materiale che finirà per costituire l’ossatura dell’EP di debutto, trovano finalmente un cantante. E non uno qualsiasi…
Infatti in “From Dissension to Avowal”, mini-album indipendente del 2019, alla voce figura niente meno che Robert Lowe che, oltre a essere conosciuto come frontman dei Solitude Aeternus, fu scelto da Lief Edling quando nel 2004 decise di rimettere in pista i suoi Candlemass. Con il contributo del texano gli svedesi incisero i tre LP “King of the Grey Island” (2005), “Death Magic Doom” (2009) e “Psalms for the Dead” (2012)”, il secondo dei quali rappresenta probabilmente la migliore realese edita dal combo di Stoccolma dopo i quattro classici degli anni Ottanta. Terminata anche questa esperienza, nel 2017 Lowe si unisce ai Tyrant, altro nome leggendario con cui lo scorso anno ha dato alle stampe l’ottimo “Hereafter”.
Con l’ingresso di un personaggio di tale spessore non avrebbe sorpreso se i Grief Collector si fossero incanalati in una direzione affine alle precedenti esperienze del vocalist, ma non è accaduto nulla di tutto questo. La proposta di Nostri si inquadra, invece, nel Traditional Doom di scuola americana di Saint Vitus e Trouble (o The Gates Of Slumber e Apostole Of Solitude per citare interpreti più recenti), è arricchita da influenze derivanti tanto dall’Heavy Metal classico quanto dallo Sludge (con bordate di chitarra à la Crowbar) e solo sporadicamente assume connotazioni epiche, derivanti più dai registri vocali, ora baritonali ora acuti, di Lowe che non dalla componente musicale.
Nei suoi 63 minuti “En Delirium”, uscito lo scorso giugno via Petrichor (sub-label dell’olandese Hammerheart Records), riesce a risultare interessante e vario, grazie all’esplorazione di diverse sfumature di Doom. Oltre alla prestazione ispirata del cantante è opportuno segnalare la rimarchevole prova, sia in fase compositiva che esecutiva, della sezione strumentale, con ottimi riff e assoli di chitarra e un drumming solido, puntuale e ricco di soluzioni. La opener “Corridors” e “Wintersick” sono lente, quadrate e decisamente orientate all’Heavy Metal, con la prima a tratti fangosa, quasi Sludge, e la seconda oscura e fumosa. “Our Poisonous Ways”, aperta da uno dei riff migliori dell’album, “The Letting Go”, “Scorned Heart” e “Misery Mongers”, pur avvicinandosi ai lavori dei Candlemass del periodo Lowe, sono generalmente piuttosto veloci, almeno per il genere, e si sviluppano lungo direttrici decisamente meno epiche e più tirate.
“When Sanity Eludes Me” e la bonus track “Then Comes Darkness” sono quanto di più Doom si possa pretendere: se entrambe sono contraddistinte da un incedere funereo e introspettivo, la prima suona decisamente sabbathiana, con tanto di sinistri rintocchi di campana che si sovrappongono al riff iniziale, mentre la seconda si distingue per un assolo elettro-acustico ai limiti della chitarra flamenco dinnanzi al quale l’ascoltatore rimarrà inizialmente disorientato, per poi realizzare quanto – in realtà – si integri perfettamente (e quasi inspiegabilmente!) nella pesantezza del brano. In “Knee Deel in Devils” e “10 Days (of Disbelief)” le linee vocali e le melodie di chitarra fanno emergere il lato più malinconico del sound della band. Merita una menzione anche l’altra bonus track: il medley “Vodoo-Die Young” dei Black Sabbath del periodo Dio, a cui spetta il compito di chiudere il disco, è un’interpretazione notevole che rende omaggio a una delle più evidenti influenze del gruppo.
L’edizione deluxe da 2 CD contiene anche il summenzionato EP “From Dissension to Avowal”: un prodotto sicuramente più acerbo, ma valido, in cui sono delineati già con sufficiente chiarezza gli elementi poi sviluppati con più cura nel full lenght qui recensito.
A parere di chi scrive “En Delirium” è una delle migliori uscite in ambito Doom e affini della prima metà del 2021. È anche l’incoraggiante dimostrazione di come musicisti navigati possano rinnovarsi, anche senza reinventarsi drasticamente, e sperimentare formule espressive parzialmente nuove in grado di apportare un contributo personale a un genere anche senza allontanarsi dai suoi canoni. Penso che sentiremo presto parlare ancora dei Grief Collector, indubbiamente una delle rivelazioni dell’anno.