Recensione: End Of A Dark Era
L’attesa è finalmente finita. Nick Savio e soci hanno finalmente deciso di dare un seguito a The Hanged Man, capitolo uscito ormai più di due anni fa sotto il fortunato monicker Hollow Haze, nome che sin dall’esordio del 2006 è garanzia di qualità. Con una formazione in gran parte rimaneggiata ed un mood più oscuro rispetto alle opere precedenti, il gruppo vicentino si ripresenta sulle scene dopo due anni di silenzio durante i quali il buon Nick ha avuto anche modo di dar sfogo all’altro suo progetto, gli sperimentali Cyber Cross.
Una volta inserito il dischetto nel lettore si nota sin da subito come, a livello di approccio, i brani di End Of A Dark Era ricordino talvolta la costruzione delle canzoni dei Nevermore, in particolare per quanto riguarda il contrasto tra le linee vocali al sapor d’acciaio di Ramon Sonato e la pesantezza del tappeto strumentale messo in piedi dai suoi colleghi. A questo aggiungete un amore smisurato verso le sonorità più tipicamente classiche dell’heavy metal, Judas Priest e Iron Maiden in testa, ma anche qualcosa del miglior Ozzy Osbourne solista ed una teatralità figlia in parte dei Crimson Glory. Se provate ad immaginarvi tutto questo avrete un mix di influenze che generano un sound sufficientemente personale e per nulla standardizzato che caratterizza il ventaglio sonoro del disco in esame.
Tutti questi elementi vengono sapientemente miscelati e dosati in pezzi come l’iniziale Every Single Word, vero e proprio macigno che si abbatte con tutta la sua forza sull’ascoltatore a suon di chitarre di scuola quasi thrash. Avventurandosi all’interno del disco, poi, si trovano episodi di grandissimo stile come la splendida Coming From Hell, un diamante di scintillante heavy metal che si configura come l’highlight assoluto del disco, piuttosto che l’oscura semi-ballad Hot Blood, forte di una melodia ficcante, ma mai banale. Anche Dark Night è un pezzo da novanta, forte di un ritornello trascinante e di un’atmosfera quasi gotica, se non fosse per il cantato halfordiano di Ramon che conferisce al brano una sensazione di continuità con il resto dell’opera.
Meritevole inoltre di citazione la cover di Gates Of Babylon degli immensi Rainbow, omaggio al compianto Ronnie James Dio, cantante mai troppo lodato per le sue enormi doti interpretative, e gli Hollow Haze gli rendono tributo con grandissimo rispetto ed arrangiando il brano con la giusta dose di personalità per una canzone che non stona affatto nel contesto generale dell’album. Infine il tutto si chiude con un pezzo dal retrogusto epico, quella Beyond che con il suo refrain conclude più che degnamente l’ascolto di un lavoro veramente ben riuscito.
La performance della band al completo è esemplare: non ci sono sbavature ed il tutto suona estremamente compatto. Menzione d’onore, oltre a Nick, anche a Simone Giorgini, tastierista mai invadente e di gran gusto negli arrangiamenti. Inoltre va anche citata la sezione ritmica ad opera di Dave Cestaro (basso) e Camillo Colleluori (batteria), sempre pronti ad impreziosire le composizioni con grande stile e perizia tecnica. Il tutto, quindi, va a costruire un quadro complessivo decisamente gradevole e di grande impatto.
Due parole vanno spese anche riguardo alla produzione: i suoni sono potenti, chiari e nitidi con i giusti bilanciamenti, anche se, forse, il basso poteva essere valorizzato meglio con una timbrica più ficcante e meno nascosta dal muro di suono creato da chitarra e batteria. Questi sono piccoli dettagli su cui si può tranquillamente soprassedere, ma è giusto evidenziarli in sede di recensione per dare un’idea il più corretta e completa possibile a proposito di un disco.
Ciò che, sostanzialmente, piace parecchio del terzo album a firma Hollow Haze è quanto il tutto sia fruibile sia ad ascoltatori occasionali e quindi non abituati ad analisi approfondite, che ad un pubblico più attento al dettaglio ed alla ricerca del particolare difficilmente udibile ad un primo ed affrettato ascolto. La struttura dei singoli brani è complessa, stratificata, ma ciò non pesa affatto ed il tutto non assume mai i contorni di un’opera contorta e complicata, ma rimane sempre su altissimi livelli di godibilità.
Infine, la copertina del disco ben rappresenta le tematiche da esso trattate ed il già descritto mood generale che pervade il disco in ogni sua fibra. Un fuoco che brucia nella desolazione e nel grigiore circostante di uno sfondo roccioso e granitico, che poi si sviluppa in una città che brucia sotto le fiamme di un’enorme fenice recante il logo della band. Se è vero che un’immagine vuol dire più di mille parole, anche da questo punto di vista gli Hollow Haze hanno decisamente fatto la scelta giusta.
Tirando le somme finali, End Of A Dark Era è un lavoro molto variegato, con una cura maniacale per gli arrangiamenti e per i mille particolari che nasconde. Eppure sembra proprio, ascoltandolo, che il filo conduttore sia l’impatto e quindi un occhio di riguardo per la forma canzone propriamente detta. A parte qualche piccolo difetto, il terzo album del quintetto veneto si configura come una delle uscite migliori di questo 2010 appena passato, almeno in campo heavy metal classico. Un consiglio: non lasciatevelo sfuggire!
Andrea “Thy Destroyer 666” Rodella
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Tracklist:
1 – Every Single Word
2 – Open Your Eyes
3 – Pain
4 – Coming From Hell
5 – Running
6 – Hot Blood
7 – Dark Night
8 – Born To Be Alive
9 – Gates Of Babylon (Rainbow Cover)
10 – Beyond
Durata: 43:34 min.
Line-up:
Nick Savio: Guitars
Camillo Colleluori: Drum
Ramon Sonato: Vocals
Dave Cestaro: Bass
Simone Giorgini: Keyboards