Recensione: End Of Days

Di Giuseppe Casafina - 7 Luglio 2016 - 15:16
End Of Days
Band: Discharge
Etichetta:
Genere: Thrash 
Anno: 2016
Nazione:
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70

La leggenda continua, proseguendo sempre sugli stessi binari percorsi ben quattro decadi fa, quando nel 1977 vide la luce uno degli ensemble più furiosi e maggiormente rispettati della storia del punk: dai Discharge é partito praticamente quasi tutto, se non proprio tutto, di quello che oggi comunemente chiamiamo ‘estremo’ inteso nella sua concezione più ampia.

Musa ispiratrice dal thrash metal al death fino al black e grind, un disco di esordio come “Hear Nothing See Nothing Say Nothing” fu sufficiente per far entrare il loro nome nella leggenda, anno 1982: tutt’oggi, quel platter si rivela una fonte di infinita ispirazione per qualunque musicista in quanto nessun gruppo fino ad allora, indipendentemente dal fatto che si trattasse di un gruppo punk o meno, aveva osato spingere così tanto sulla furia più genuina creando un capolavoro di istinti, condito di liriche al vetriolo contro la società marcia da cui gli stessi Discharge si sentivano circondati e contro cui tutt’oggi lottano.

E la lotta continua con “End Of Days”, ultima fatica delle icone britanniche, che esce addirittura su Nuclear Blast, cosa che sarebbe di per sè già sufficiente ad irritare il più intransigente dei punk: nulla di che preoccuparsi ovviamente, perché quest’ultimo disco suona al 100% Discharge e la produzione ed il suono generale restano fedeli alla linea marcata ben 40 anni fa, quindi chitarre mediamente sporche (e non pesantemente post-prodotte come nella tradizione di certi dischi usciti per l’etichetta tedesca), suonate su tempi di batteria fedelissimi al D-Beat (vale a dire Discharge-Beat, genere da loro stessi inventato) di cui sono portabandiera sin dagli esordi e liriche essenziali ma velenose quanto basta contro tutto lo schifo dell’universo condensando il tutto in bravi brevi e d’impatto.

Insomma, i Discharge non hanno più nulla da dimostrare a nessuno ed era anche prevedibile che, sebbene siano ora parte di una major di fama mondiale come la teutonica Nuclear Blast, dovevano per forza rimanere fedeli a loro stessi: il nuovo vocalist, JJ Janiak (ex-Broken Bones), si dimostra all’altezza della situazione, con una prestazione vocale al vetriolo che si adatta perfettamente alla macchina da guerra inglese.

Un susseguirsi di inni contro il sistema, partendo da ‘NWO’ passando per la title-track, per ‘False Flag Entertainment’ e ‘Hatebomb’ fino alla conclusiva ‘Accessories By Molotov (Part 2)’: non sono cambiati di una virgola, vero, ma in fondo i Discharge sono i Discharge e da loro non ci si aspetta altro, come tante altre istituzioni della musica con la ovvia differenza che, rispetto a molte macchine da soldi della vecchia scuola che compongono dischi secondo schemi precisi allo scopo di vendere copie su copie, loro sono creatori ed allo stesso tempo testimoni fieri soprattutto di un’attitudine mentale da cui parte appunto questo suono così istintivo e furioso che tuttora continua a fare proseliti.

Insomma, per questo genere di musica bisogna ‘esserci dentro’ perché qui vi é poco da dire e tanto da ascoltare, e provate a presenziare ad un loro concerto senza avere almeno un livido addosso…..

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