Recensione: End Of Eden
Gli Amberian Dawn nascono in Finlandia nel 2006 su iniziativa del tastierista/chitarrista Tuomas Seppälä con l’intento di portare avanti il discorso iniziato dai Nightwish vecchio stile, ovvero power non esasperato arricchito di spunti sinfonici e contraddistinto, soprattutto, dal cantato femminile. Reclutata la voce soprano Heidi Parvianen, il progetto è pronto a partire e, dopo due album e svariate apparizioni sui palchi europei, gli Amberian Dawn giungono al terzo disco End Of Eden, primo per la Spinefarm.
Il lavoro si apre in maniera abbastanza tradizionale con “Talisman”, marcetta che si trasforma in attacco power in doppia cassa all’altezza del ritornello e prosegue sulla stessa velocità durante il prevedibile assolo di stampo neoclassico. Meglio la successiva “Come Now Follow”, più cadenzata e incisiva, e meglio ancora “Arctica”, a mio avviso la traccia migliore dell’album; grazie ad azzeccati spunti sinfonici che rimandano ai Rhapsody Of Fire, dosati inserti elettronici e un ritmo variegato per un brano che riesce ad essere originale e a distinguersi all’interno di un lavoro che ha nella prevedibilità il suo più grosso difetto.
Se escludiamo infatti “City Of Destruction”, dove anche qua ben si amalgamano le tastiere di Seppälä a ritmi di batteria più articolati che danno vita ad un ritornello quasi danzereccio, oppure “Sampo”, tre minuti più vicini al metal anni ’80 grazie ad un azzeccato riff di chitarra e ad un assolo di matrice più rock, il resto non va oltre un gradevole sottofondo. Colpa di canzoni anonime, sia quando proposte in versione simil power metal (“Field Of Serpent”), sia quando si adagiano su tempi medi rialzandosi giusto per il ritornello (“Gosthly Echoes”) e sia quando si dilungano in inutili sperimentazioni progressive rovinando qualche spunto interessante limitato però a pochi secondi: è il caso di “Blackbird”, capace di passare in neanche quattro minuti dalla tastiera pop ad atmosfere pompose fino a sfuriate di musica estrema.
Non aiuta l’impostazione neoclassica di Seppälä, poco avvezzo ad esplorare altri territori, con il risultato di chitarre e tastiere che difettano di personalità, e non basta un’ospitata di Jens Johannson a dare la scossa.
Discorso simile per la vocalist Heidi Parvianen, impostazione lirica, bel timbro ma del tutto priva di espressività e quindi mal amalgamata alle sonorità metal. Messa più a suo agio, però, anche Heidi rende bene, ed ecco che in chiusura troviamo due episodi interessanti: “Virvatulen Laulu” è un duetto tra lei e un cantante lirico su atmosfere delicate che fa da intro per la finale “War In Heaven”, brano ai limiti del doom dove la nostra è affiancata ancora una volta da una voce maschile che permette di dare maggior risalto alle atmosfere teatrali e oscure della composizione.
Federico Albano
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Tracklist:
1. Talisman
2. Come Now Follow
3. Arctica
4. Ghostly Echoes
5. Sampo
6. Blackbird
7. Field Of Serpents
8. City Of Corruption
9. Virvatulen Laulu
10. War In Heaven
Line-up:
Heidi Parviainen – Vocals
Tuomas Seppälä – keyboards & guitar
Kasperi Heikkinen – guitar
Kimmo Korhonen – guitar
Jukka Koskinen – bass
Heikki Saari – drums