Recensione: Endarkenment
Puntuali come un orologio a cadenza biennale, ecco un ritorno in studio degli Anaal Nathrakh, che raggiungono l’undicesimo traguardo in buona forma e con una proposta che avvalora il vecchio detto “Squadra che vince non si cambia”. Questo modus operandi si rivela però presto un’arma a doppio taglio nella musica di Mick e Dave e le fondamenta del castello iniziano un po’ a stridere come era già successo nel precedente A New Kind Of Horror. Endarkenment parte subito in quinta, anzi in sesta con un omonimo brano capolavoro, che mette in luce tutta la potenza e l’impatto sonoro che i nostri sono in grado di sprigionare: produzione da denuncia, drum machine a velocità improponibili e la voce di Dave che, quando azzecca la linea vocale, rasenta la perfezione.
Dave negli Anaal Nathrakh si comporta come un 10 in una squadra di calcio: se è in giornata vince da solo, se no giochi con un uomo in meno. Conferma la tesi il ritornello di Thus, Always, To Tyrants, che è un gran casino e nulla più; si sarebbe potuto fare di meglio. The Age of Starlight Ends rallenta un po’ il tiro e adotta quelle atmosfere horrorifiche che ben funzionarono negli album precedenti; Dave centra il ritornello e il brano prende tutta un’altra piega.
Libidinous (A Pig with Cocks in Its Eyes), oltre ad avere un titolo esilarante, ha anche dalla sua il Kenney 1/bis, ovvero il riff ta ta ta taaaa ta, ta ta ta taaaa ta, che il buon Mick usa in qualsiasi frangente e ormai non fa più notizia. Discreto il ritornello, ma è il resto che è puro riciclo. Beyond Words è una bella ma confusionaria legnata mentre Feeding The Death Machine è un buon brano, che effettua una scorribanda nel melodeath con ottimi riff; il ritornello al miele di Dave non è riuscitissimo e avrebbe avuto bisogno di più cattiveria.
Create Art, Though The World May Perish è un brano interessantissimo, che allunga il minutaggio e sperimenta in maniera piacevole per poi bilanciarsi ottimamente con le clean vocals, qui azzeccate e ben a fuoco. Singularity e Punish Them continuano un assalto cieco e totale e la chiusura è affidata a Requiem, che offre un’atmosfera mefitica e una nenia in sottofondo dal tono spettrale e che ben si colloca in un cimitero di notte. Molto bello il finale del disco, con una sezione melodica che va a sfumare in maniera fiera e trionfante.
Endarkenment è un disco velocissimo, diretto e senza troppi giri di parole. E’ un’opera riuscita ma altalenante, che alterna grandi idee ad autocitazioni e copie di brani dei precedenti album, inficiandone parecchio la longevità. Questo succede soprattutto nei pezzi più veloci, dove stacchi e impianti sonori sono già stati usati e risultano quindi telefonati e prevedibili. Quando invece si prova ad andare in direzioni nuove l’esperimento riesce sempre e se ne vorrebbe ancora. Gli Anaal Nathrakh in futuro dovrebbero fare questo: snaturarsi di più. Per ora la sufficienza c’è sempre e i fan non resteranno di certo delusi; è lecito però pretendere un po’ di più, perché dal bellissimo The Whole Of The Law l’ispirazione è andata un po’ in calando. L’impatto invece è quello di sempre, e quando si tira su il volume le ragnatele spariscono chiedendo pietà.