Recensione: Endless Reign
Fra le varie fusioni nell’ambito del metallo estremo, una delle più riuscite è quella fra il death e il progressive metal. Tanto uscita bene, almeno in teoria, che al sottoprodotto di tale fusione viene appioppato il nome di progressive death metal. I generi-madre, però, hanno dei limiti dimensionali molto definiti. Sia dai rispettivi dettami stilistici, sia dai tanti anni in cui essi hanno vissuto di vita propria senza invadere il territorio altrui. Perciò, almeno a parere di chi scrive, appare ancora corretto definirsi a uno oppure all’altro, prima ancora di addentrarsi una cosiddetta terra di nessuno.
Se, al contrario, questo limbo può ritenersi reale e pur’esso dotato di autonomia, allora le band che propugnano detto verbo, o anche i rispettivi promoter, si sprecano. Il più delle volte, millantando abilità da… miscelatori che non possiedono. D’altro canto, al contrario, ci sono realtà che detto mixer l’hanno manipolato e lo manipolano con bravura, equilibrio e coerenza.
Fra esse, si possono annoverare, con assoluta tranquillità, i lombardi Soul Rape. Nati a Varese nel 2007 per mano del chitarrista Lorenzo “Larry” Ferioli e del batterista Maurizio “Maui” Giudici, da allora hanno sfornato un demo, “Primordial Paradox” (2008), un EP, “Gargoyles” (2010) e il full-length oggetto della presente recensione, “Endless Reign” (2015), nella sua valenza, anche, di debut-album.
I Soul Rape, in “Endless Reign”, hanno maneggiato più strumenti, oltre a quelli convenzionali. Guglio ha suonato il violoncello in “Endless Reign”, “Illusion & Sufference” e “Soul Rape”. Larry si occupato dei cori nonché del flauto in “With My Fingers I’ve Touched Death”, “Saudade De Morte” e “Soul Rape”. Come cantanti ospiti Laura Tienti si è occupata della voce in “Saudade De Morte” e “Soul Rape”, così come Giorgio “Delo” in “Endless Reign” e “Soul Rape”. Infine, c’è stato anche il contributo della chitarra di Jeff Loomis (Arch Enemy) per l’esecuzione del solo di “Like The Serpent’s Tongue”. Il tutto, con la precisazione che in “Endless Reign” non sono state utilizzate le tastiere. Forse per sottolineare che il sound dei Soul Rape non accetta compromessi di sorta in merito alla sua granitica e ruvida potenza.
Tornando al discorso iniziale e sulla preponderanza o meno del death metal rispetto al prog, e viceversa, in questi particolari progetti, appare chiaro sin da subito (“Endless Reign”), che i Soul Rape amano senz’altro la complessità della scrittura musicale (“Illusion & Sufference”), ma che adorano allo stesso modo pestare come fabbri (“Garglyles”), giungendo a oltrepassare la soglia dei blast-beats. Un’attitudine all’attacco ottimamente espressa dal roco, rauco tono vocale di Larry, spesso e volentieri a metà fra lo screaming e il growling, ma sempre isterico e furiosamente aggressiva.
Interessanti, nondimeno, le digressioni extra-metal che si possono ascoltare per esempio nel break centrale di “With My Fingers I’ve Touched Death” o in “Saudade De Morte”, indicative di una capacità tecnico-compositiva a 360° dell’ensemble italiano. Proprio “Soul Rape”, che dà il nome al gruppo, nella sua lunghezza che oltrepassa i nove minuti mostra il lato meno forte dell’act tricolore, e cioè una certa tendenza a non saper tenere stretto il filo del discorso. A divagare eccessivamente dal tema centrale, insomma.
Pur con questi difetti, ma per quanto di buono fatto ascoltare in “Endless Pain”, i Soul Rape identificano la coraggiosa volontà di uscire dai soliti cliché. E, per questo, vanno tenuti in debita considerazione.
Daniele D’Adamo