Recensione: Endless twilight of codependent love

Di Tiziano Marasco - 16 Novembre 2020 - 0:19
Endless Twilight of codependent Love
Band: Sólstafir
Etichetta: Season Of Mist
Genere: Avantgarde 
Anno: 2020
Nazione:
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81

Diversi elementi di “Endless Twilight of codependent Love” avrebbero potuto lasciar presagire delle novità in casa Sólstafir. Anzitutto una copertina “diversa”, votata alla mitologia nordica, con una figura ben definibile (sarà una valchiria?). Una copertina  dal gusto grafico secessionista, decisamente colorata e parecchio in contrasto con le classiche cover dei Sólstafir, spesso sfocate e per larga parte monocrome. In secondo luogo il titolo, eccezionalmente in lingua inglese (la prima volta da “Masterpiece of Bitterness”, uscito 15 anni fa). Il titolo che, pur sembrando una sorta di manifesto delle liriche degli islandesi, pare essere un po’ anche una presa in giro: “preferite un titolo da una parola islandese o uno chilometrico in inglese?”

Grandi novità che si potevano presagire all’orizzonte, ma al netto degli ascolti, e anche da quanto sentito nei singoli che anticipavano l’album, “Endless Twilight of codependent Love” non presenta sostanziali cambiamenti. Si ripete un po’ quel che era accaduto con “Berdreyminn“, quando i nostri erano tornati con una formazione rivoluzionata. Anche allora i cambiamenti si erano ridotti lì e alcuni avevano preferito le polemiche al metal suonato.

“Endless Twilight of codependent Love” conferma tutti i crismi del sound “alla Sólstafir” e non rinnega affatto le liriche in lingua madre, se non in un episodio: “Her Fall from Grace”, primo caso in cui gli isolani tornano alla lingua di Shakespeare dai tempi di “Köld“. Primo e si spera anche unico perché, a modesto parere di chi scrive, è pure l’unico pezzo infelice del platter. Non che sia particolarmente diverso dal resto del disco, sia chiaro. Ma sarà che le liriche sono comprensibili (e parecchio banali), sarà quel maledetto “nanana” che sembra tanto ‘facciamo i piacioni per un pubblico che sia il più vasto possibile’. Di fatto però il risultato complessivo della song è un diffuso senso di melensa pacchianità, una sensazione che si era già sentita lo scorso anno su “Wild father’s heart” dei Borknagar – che a livello musicale non hanno molto a che spartire, ma a ilvello di sensazione, in questo caso, ne hanno eccome.

Ora, eliminato l’unico vero aspetto ostile dell’album, concentriamoci su quanto di buono troviamo al suo interno. Perché di cose belle ce n’è parecchie. Perché, se ci sono verve e ispirazione, il fatto che ‘the song remains the same’ conta davvero poco.

Se “Berdreyminn” era infatti una sorta di “Ótta volume II”, pulito, leccato e con più chitarre, “Endless Twilight of codependent Love” aggiunge un po’ di durezza qua e là, riuscendo a essere più genuino. “Akkeri” svolge bene il compito della opener epica e di proporzioni gigantesche, “Drysill” poi è un pezzo estremamente suggestivo e di grandissime atmosfere malinconiche. “Rökkur” è un pezzo curioso e affascinante, praticamente una canzone dei Sigur Rós, solo che al cantante hanno sparato in pancia prima dell’esecuzione.

“Dionysus” è un brano che si è attirato addosso alcune critiche per le sue stonature forzate, ma è anche il primo pezzo da anni in cui i Sólstafir mettono sul disco dell’autentica furia metallica, in piena armonia con il titolo della composizione. “Til Moldar” e soprattutto “Or” mettono in mostra una qualche evoluzione, con un massiccio uso di tastiere delicate (non mosce) che creano delle atmosfere più suadenti, diverse dall’aridità che ha sempre contraddistinto la musica degli islandesi. E in chiusura l’ottima “Úlfur”, pezzo che si preannuncia come la tipica cavalcata conclusiva ma in realtà è un gran viaggio tra frequenti cambi di atmosfera.

“Endless Twilight of codependent Love” è un disco che non presenta, si è detto, novità eclatanti per la proposta dei Sólstafir. Anzi, gli islandesi sono stati bravi a creare un sound proprio e non lo hanno mai snaturato: ormai potremmo con buon diritto parlare di sound ‘alla Sólstafir’, come ai tempi si era parlato di sound ‘alla Katatonia’, per dire. “Endless Twilight of codependent Love” è però anche un album in cui (salvo un caso), tutto gira alla perfezione. Un disco in cui emerge la passione che i musicisti hanno speso nella fase realizzativa, cosa che sull’ultimo “Berdreyminn” non era proprio chiarissima.

Ogni volta che i Sólstafir fanno un nuovo disco, una cospicua fetta del panorama metal si ferma e trattiene il respiro. Perché i Sólstafir sono una delle band più note dell’universo metal e, soprattutto, lo sono anche al di fuori dell’universo metal. Quindi ci si aspetta molto da loro. E anche stavolta hanno dimostrato di meritarsi la loro fama.

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