Recensione: Endvolution
Quando nel 2005 uscì sul mercato “Antithesis” fu un vero lampo a ciel sereno. Il secondo studio album della carriera dei Subliminal Crusher fu un successo. La band umbra, che vede in formazione Jerico Biagiotti e Rodeath, rispettivamente bassista e batterista già al lavoro con la vicente thrash metal band nostrana Hyades, ricevette i meritati tributi. Perché tanto entusiasmo? “Antithesis” era la conferma che il panorama thrash italiano, sulla scia delle produzioni d’oltreoceano, si stava ponendo su livelli qualitativi decisamente alti. Un brulicante underground (sopratutto sudamericano) dichiarava guerra nei festival di tutto il mondo e le label iniziavano a investire sui gruppi, tanto all’estero, quanto qui da noi. Anche in Italia infatti questo movimento aveva i suoi degni rappresentati, uno dei tanti prendeva il nome di Subliminal Crusher. Un carta d’identità di tutto rispetto che, assieme ai già citati Hyades, agli storici Extrema, ai brillanti Node e ad altri, presentava in quel momento (ma anche ora) una delle band di più spiccata qualità che il bel Paese potesse sfoggiare. Notevoli sotto tutti i punti di vista, i brani del precedente disco avevano colpito per la tenuta ritmica e per un cadenzato groove innovativo (sebbene ispirato agli ultimi Testament – debite proporzioni sottintese), incalzante e di forte presa. Era forse lecito attendersi qualcosa di più dopo tre anni? La risposta è indubbiamente positiva. Peccato che il risultato non confermi le presunte aspettative.
“Endvolution” è un disco costruito con perizia, ma non in grado di incidere significativamente il nuovo corso della storia del thrash metal; ma questo è un altro discorso. Importante è invece l’aspetto legato alla dinamicità e alla freschezza del songwriting, nel caso solidificato in riff pesanti che, purtroppo, rendono l’ascolto indigesto. I brani sono a tutti gli effetti simili gli uni agli altri, appaiono scarni di melodie identificative e suonano privi di personalità. Anche l’inadeguatezza dei soli non contribuisce ad alleggerire il lavoro, fatta eccezione per lo spettacolare lavoro alle sei corde su The Visionaire Pt.1, pezzo che vede la presenza in veste di special guest del chitarrista Christofer Malmström (Darkane, Non-Human Level, Zaninez). Il resto è ridondante, prevedibile e vincolato alla mera e ineccepibile esecuzione strumentale. L’album è permeato da un’aurea nebulosa, poco estrosa e di difficile lettura. Un clima artificiale che rende asettico l’intero lavoro, con l’unica eccezione per la prova del cantante Steph, devastante dietro al microfono grazie all’intensa e vigorosa timbrica che ne contraddistingue il cantato.
La produzione è invece perfetta. L’album è stato mixato da HwK alle HwK Industries di Spoleto e masterizzato da Göran Finnberg (Diablo Swing Orchestra, Opeth, Dark Tranquillity, Devin Townsend Band) nei The Mastering Room AB di Göteborg (Svezia). Bassi e alti sono mescolati alla perfezione dalle sapienti mani degli ingegneri del suono, vero punto di forza di questo terzo studio album. Un’altra peculiarità del disco è la doppia copertina, ma è palese che stiamo raschiando il fondo del barile. “Endvolution” è un’opera che appare di buon livello, ma si pone un bel gradino sotto il precedente full-length. Alla luce dei fatti, dato lo spessore della band in gioco, non parlerei di Endvolution quanto di Involution. Vedremo cosa ci riserverà il futuro.
Nicola Furlan
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Tracklist:
01 Preface
02 Just All I Want
03 Bored
04 Later
05 The Visionaire Pt.1: Desert Chains/Liberation
06 The Promise
07 Life Arises
08 Wellness Perfection
09 Endvolution
10 The Visionaire Pt.2: The Darkest Vision
Line up:
Steph: Voce
HwK: Chitarra
Andy: Chitarra
Jerico: Basso
Rodeath: Batteria