Recensione: Enemy Unbound
Per chi dovesse pensare che lo swedish death metal abbia oramai raggiunto il capolinea, la smentita è servita su un piatto d’argento. Gli statunitensi The Absence, infatti, con “Enemy Unbound” proseguono (dal 2002) la linea ideale tracciata dai capostipiti del genere, già allungata dai due precedenti full-length (“From Your Grave”, 2005 e “Riders Of The Plague”, 2007).
La volontà di continuare la storia iniziata con i Dark Tranquillity è poi suffragata del fatto che il missaggio e la masterizzazione dell’album siano stati eseguiti dallo svedese Jonas Kjellgren (Scar Symmetry, Carnal Forge) dei Black Lounge Studios, e che sia presente, come guest musician, Tom Englund degli Evergrey.
Sono quindi pochi i brividi che si provano quando si attacca l’opener “Erased” – preceduta dal breve incipit strumentale “Vertigo” – , perlomeno per quanto riguarda l’aspetto specificamente inerente al sound. Dato atto dell’ottimo confezionamento del platter – sia per quanto riguarda la parte esecutiva, sia per quella produttiva; il sound non si discosta più di tanto da quanto proposto da In Flames et similia. Forse il tiro è meno esasperato e quindi si possono trovare con facilità richiami all’heavy/power, soprattutto nella struttura del riffing e dei soli. I pattern di Jeramie Kling (batterista fondatore che ha sostituito, a lavorazione in corso, Justin Reynolds, messo fuori uso da un incidente stradale) e il growling di Jamie Stewart, però, non paiono proporre elementi di grande novità rispetto a quanto già fatto in passato sia da loro, sia da (tanti) altri.
Fortunatamente (per il combo di Tampa …), la capacità di innovare il proprio sound – anche se si tratta di una delle peculiarità più importanti se non la più importante – non è l’unico parametro con la quale giudicare la bontà di un ensemble e quindi di un suo disco. C’entrano, anche, il groove e la qualità compositiva.
Se per la compattezza del primo, esattamente come accade per lo stile, si può tranquillamente menzionare il dejà vu, per il secondo fattore le cose non vanno poi tanto male. La struttura delle canzoni è quella classica del rock, quindi semplice e lineare; il che non disturba una discreta capacità di mettere assieme melodie gradevoli e accattivanti. Dei piacevoli esempi in merito sono rappresentati da “Deepest Wound”, “Maelstrom” e “The Bridge”.
Una menzione a parte la meritano “Enemy Unbound”, presumibilmente cavallo di battaglia dell’act ma non per questo troppo ruffiana, “Solace”, intermezzo strumentale dalle tinte un po’ fosche, e “Triumph”, outro anch’esso strumentale che chiude il CD mostrando in maniera più netta il background heavy posseduto dai Nostri.
Nient’altro da aggiungere.
“Enemy Unbound” è un lavoro come tanti altri, intrappolato in un genere che non ha più nulla da dire e che pertanto rimanda direttamente alla bontà o meno dei singoli brani; intesa come capacità di costruire armonie perlomeno attraenti, anche se non vincenti. Il mercato internazionale, infatti, è già saturo d’insiemi simili ai The Absence: nonostante l’appoggio della Metal Blade Records, la loro omologazione non fa prospettare un futuro da grandi campioni.
Daniele “dani66” D’Adamo
Discutine sul forum nel topic relativo!
Track-list:
1. Vertigo 1:23
2. Erased 4:24
3. Deepest Wound 5:33
4. Maelstrom 4:48
5. Enemy Unbound 5:03
6. Solace 2:38
7. The Bridge 5:03
8. Wartorn 5:35
9. Hidden In White 5:20
10. Vengence And Victory 5:04
11. Triumph 11:58
Line-up:
Jamie Stewart – Vocals
Peter Joseph – Guitar
Patrick Pintavalle – Guitar
Mike Leon – Bass
Jeramie Kling– Drums