Recensione: Energetic Disassembly
Texas 1985, esce per la sconosciuta Zombo Records (e ristampato recentemente dalla Monster Records)“Energetic Disassembly” dei WatchTower. Questo banale inizio di recensione potrebbe sembrare per qualcuno di voi una breve frase che indica esclusivamente una delle tante date e titoli che giornalmente si imbattono nella vostra testa di metallo, si tratta invece di una tappa fondamentale che segnò indelebilmente il percorso storico dell’heavy metal. A “Energetic Disassembly” va di fatti riconosciuta la paternità del così detto Techno Thrash, genere fino ad allora sconosciuto se si escludono embrionali episodi che tentavano di uscire dai rigidi schemi imposti dal genere (come ad esempio nella ricercata vena creativa dei Celtic Frost di In To The Pandemonium).
L’impatto che ebbe sulla nostra musica non fu certo paragonabile ad altri dischi storici che magari, oltre alla qualità, ebbero la fortuna di uscire in un periodo più recettivo per l’innovazione. Energetic Disassembly ebbe forse l’unico difetto ( se così possiamo chiamarlo) di anticipare troppo i tempi e quindi di risultare all’epoca abbastanza ostico ad un primo superficiale ascolto. Il loro modo di intendere il metal, decisamente pionieristico per quegli anni, non ebbe sicuramente il successo che avrebbe meritato ma, come spesso accade, il passare degli anni tributò loro il giusto riconoscimento. Un esempio su tutti: il mai dimenticato Chuck Shuldiner annoverava tra le sue influenze primarie proprio questi quattro texani e non sono certo io ad indicare i Death come uno dei gruppi fondamentali per la nascita e, soprattutto, l’evoluzione del death metal tecnico. Stesso discorso per i Sadus che, pur non avendo la stessa importanza storica dei Death, hanno comunque consegnato alla storia autentici gioielli sonori come Vision of Misery influenzati palesemente dall’amore di Steve DiGiorgio verso questo combo texano.
Giudicando Energetic Disassembly attraverso una semplice valutazione numerica derivata dalle sensazioni scaturite da un ascolto più o meno approfondito risulterebbe a mio parere quanto meno limitativo nei confronti del peso storico e dell’impatto che ebbe sulla scena metal. Valutare il prodotto, senza considerare l’anno di uscita e quello che l’heavy metal aveva prodotto fino ad allora, non renderebbe giustizia al valore globale di queste otto tracce. Come sottolineato in precedenza nessuno fino ad allora aveva distorto in maniera così decisa lo schema classico della composizione strumentale. Il semplice riff che nella maggior parte dei casi fino ad allora costituiva l’ossatura portante di una song, funge in questo caso da umile punto di partenza per creare un vortice sonoro caratterizzato da cambi di tempo, accelerazioni, parti più rilassate ripartenze fulminee, tutto questo non solo dal punto di vista strumentale ma anche da quello vocale.
Il genere proposto non può essere circoscritto o delimitato in un settore preciso nella miriade di generi e sottogeneri che si sono avvicendati e sviluppati durante gli anni, la definizione Tecno Thrash con cui viene descritto nella maggior parte dei casi, pur valida, non identifica in maniera concreta la musica partorita da questo combo texano. Ad esempio il tecno thrash con cui venivano identificati i primi due lavori degli Annihilator non può essere minimamente paragonato a quanto proposto dai WatchTower dediti maggiormente ad uno sviluppo più intricato dello schema portante della struttura.
Banalizzando la proposta, la si può descrivere come un’agglomerato di thrash, speed, heavy metal condito da una forte componente progressiva derivata dall’amore che i nostri tributavano verso mostri sacri del rock progressive anni 70 come ad esempio i King Crimson indicati dal chitarrista Billy White come uno dei suoi gruppi preferiti.
La storia dei WatchTower inizia nel lontano 1982 per volere del chitarrista Billy White e del batterista Rick Colaluca a cui si unirono successivamente il bassista Doug Kaiser ed il cantante Jason McMaster. Come spesso accade i primi passi vennero mossi riproponendo cover dei gruppi che caratterizzarono la loro adolescenza e furono proprio queste cover ad indirizzare il loro modo di concepire la musica verso lidi fino ad allora inesplorati. Di fatti accanto a cover di gruppi come Raven e Priest, venivano omaggiati anche band del calibro di Rush e King Crimson. Questa strana combinazione di generi abbinata ad ottime doti tecniche dei singoli elementi diede vita a “Energetic Disassembly”.
Come avrete capito non è certo facile analizzare questi otto brani tentando di inseguire con le parole i molti cambi di tempo e le varie fughe di basso e batteria. L’architettura di brani come Asylum o Tyrants in Distress ( che ricorda molto gli Slauter Xstroyes di Free The Beast) non sono facilmente descrivibili su carta. Sta di fatto che se siete amanti del caro vecchio thrash abbinato ad una forte componente tecnica questo disco non può assolutamente mancare in ogni collezione che si rispetti e che quindi archivi tutte le tappe fondamentali per la nascita e lo sviluppo della musica più bella del mondo.
Il problema della difficile reperibilità di “Energetic Disassembly” (come accennato ad inizio recensione) è stato da poco risolto per merito della Monster Records che ha ristampato questo classico corredandolo da un bel booklet contenente numerosi estratti dalla varie riviste specializzate dell’epoca dove possiamo notare la difficoltà dei vari scribacchini nel cercare di descrivere la musica proposta dei WatchTower. Ci imbattiamo quindi in curiose frasi del tipo:
Metallica meets Rush – what if Metallica had recorded 2112(Rush) – Rush at 78 speed – the best record since Kill’em All and Melissa – WatchTower is pure mayem – jazz, classic and speed metal – supersonic Rush – punk lyrics and jazzy metal.