Recensione: Enki
Puntare sull’ennesimo buonissimo disco dei Melechesh non è affatto un azzardo, se si va a guardare l’incredibile discografia di questi blackster provenienti da Israele che, fin dagli esordi, sono sempre riusciti a consegnare degli ottimi prodotti come gli ormai datati ‘Djinn’ e ‘Sphynx’.
Il loro ritorno sulle scene dopo 5 anni è segnato dall’incredibile cambio di lineup. Infatti il ritorno di Moloch e di Lord Curse ha sicuramente fatto gioire i fan del gruppo e l’importante accordo discografico con la Nuke, conseguito con l’album precedente, ha aumentato, grazie all’incredibile campagna pubblicitaria, l’enorme attesa che già si era creata per questo nuovo lavoro.
Chi è appassionato di mitologia mesopotamica non può che essersi entusiasmato nello scoprire che il nome di quest’album altro non è che il nome del Dio protettore dell’antica e importante città di Eridu, e che quindi il nuovo disco della band è il proseguimento del viaggio mediorientale che Ashmedi, con i suoi testi e le sue composizioni, aveva iniziato.
Il gruppo risulta essere in ottima forma. Troviamo un Lord Curse magnifico, capace di una precisione eccezionale, e l’ormai indiscussa dote artistica di Ashmedi Melechesh che, grazie a possenti quanto epici riff e ad un tagliente scream, riesce ancora una volta a convincere e a soprendere.
Non ci sono stravolgimenti nel sound, ma il prodotto risulta comunque essere compatto, inconfondibile e ben riuscito; inoltre sono da segnalare le importanti guest star presenti all’interno del platter arricchendo l’album di chicce perfettamente riuscite: Max Cavalera e Sakis (Rotting Christ) prestano la loro straordinaria voce: il primo in ‘Lost Tribes’ e il secondo in ‘Enki Divine Nature Awokene’; Rob Caggiano dona un bellissimo assolo in ‘ The Palm the Eye and Lapis Lazuli’.
Le tracce sono tutte ottime e ben variegate, e fin dalla opener ‘Tempest Temper Enlil Enraged’ riusciamo ad entrare in quelle atmosfere tanto care alla band, grazie ad un eccezionale songwriting che stupisce minuto dopo minuto; la straordinaria ‘Enki Divine Nature Awoken’ e la più groovosa ‘Metatron and Man’ sono tra le canzoni meglio riuscite del lotto. Ma il culmine del platter lo si ha con la furiosa suite finale ‘The Outsiders’: una composizione di 12 minuti , ormai tipica della formula dei Melechesh, che conclude perfettamente il disco.
Da menzionare gli irrinunciabili stacchi folk medio orientali che per tutto l’album ci piomberanno addosso all’improvviso e che troveranno il loro picco in quella straordinaria traccia che è ‘Doorways to Irkala’, una composizione che in 7 minuti totalmente strumentali ci dimostra quanto questo gruppo sia abile nella creazione di composizioni black e arabeggianti.
‘Enki’ ci riconferma l’elevata qualità compositiva del gruppo, e dà buone prospettive per i prossimi lavori. Se 5 anni sono i tempi d’attesa per un album come quest’ultimo, saremo sempre ben felici d’aspettare, tenendo però la loro intera discografia sempre presente in cuffia.
Luca “Bēl” Rimola