Recensione: Enlightened In Eternity
Quarto sigillo ufficiale su full length per gli Spirit Adrift, questo Enlightened In Eternity, che va a marcare un nuovo, decisivo passo verso sonorità più tipicamente heavy metal, andando a dilatare il distacco col doom dei primi anni della carriera. Il gruppo nacque nel 2015 per volere del polistrumentista Nate Garrett, un vero amante dell’hard & heavy ed inizialmente l’idea era quella di mettere in piedi una sorta di studio project. Successivamente all’affiancamento del batterista Marcus Bryant le cose assunsero una tonalità diversa e la band iniziò anche ad esibirsi dal vivo, a partire dal 2017.
Tornando ai giorni nostri, Enlightened In Eternity vede il buon Nate occuparsi di tutto quanto al di fuori delle parti di batteria, ad appannaggio del fedele Marcus, mentre Preston Bryant fornisce il proprio apporto in termini di synth e organo in alcuni brani. Il Cd, griffato Century Media e forte di una copertina molto ficcante ed “heavy metal” a opera di Adam Burke, si accompagna a un booklet di dodici pagine con tutti i testi e le note tecniche ma risulta curiosamente privo di immagini della band.
Sin dalle note di “Ride Into the Light” la colata di acciaio che viene profusa dai tre yankee è di quelle copiose e senza compromessi. Il loro Metallo, da sempre, non ricade fra gli stilemi velocistici ma punta alla pesantezza del suono. Gli Spirit Adrift nemmeno nascondono le loro influenze, vedasi alla voce numero due: “Astral Levitation”, un vero e proprio tributo ai Black Sabbath dell’era ricompresa fra Seventh Star e Headless Cross.
La peculiarità del combo di stanza fra Phoenix e Austin risiede nella voce dello stesso Nate Garrett: fottutamente magnetica e intrigante, una sorta di evoluzione in chiave luciferina dell’ugola di Brian Ross dei Satan mischiata con quella di Ragne Wahlquist degli Heavy Load, gruppo che ricorre spesso, a livello di mood, fra i solchi di Enlightened In Eternity. La sofferta “Screaming from Beyond” fornisce un’idea del potenziale siderurgico del cantante, uno che punta direttamente al cuore dell’ascoltatore. Lo spunto veloce del lotto viene sciorinato lungo i quattro minuti e rotti di “Harmony of the Spheres” mentre “Stronger Than Your Pain” offre interessanti aperture melodiche, fra una mazzata e l’altra. Chiude baracca e burattini “Reunited in the Void”, che con i suoi quasi undici minuti di durata offre uno spaccato di quanto siano ancora in grado di offrire in ambito doom puro i tre americani. Ascoltarsi codesta traccia, al buio, in cuffia, mette i brividi, fra le urla infernali di Garrett e i passaggi più ariosi in perfetto stile anni Settanta, atti a stemperare la carica nera insita nello stesso brano.
Riuscire a farsi notare oggi, sul serio, all’interno di un panorama sovraffollato di uscite, è impresa titanica. In ambito heavy metal le pagine migliori sono state già scritte dai grandi del genere in passato, la capacità delle nuove leve risiede nella rilettura delle stesse in chiave moderna ma senza sbragare, con suoni al passo con i tempi e la giusta dose di personalità. Gli Spirit Adrift pare proprio abbiano quel quid di “magia” che solo pochi altri posseggono, oggidì. Dopo questo solido Enlightened In Eternity, varrà di certo la pena seguire anche le loro prossime mosse.
Stefano “Steven Rich” Ricetti