Recensione: Enterprise

Di Riccardo Angelini - 16 Novembre 2008 - 0:00
Enterprise
Band: Cronian
Etichetta:
Genere:
Anno: 2008
Nazione:
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76

Qualcuno lo fermi. Non conosce requie il ritmo di lavoro di Vintersorg, uno che dal 1998 a oggi ha tirato fuori qualcosa come diciotto album (e un EP) con sette band diverse, dei quali sei soltanto negli ultimi tre anni. L’ultimo nato in casa Hedlund è proprio ‘Enterprise’, con il quale Mr. V dà seguito al glaciale esordio ‘Terra’. Da allora sono passati due anni, e nulla o quasi è cambiato.

Anno spaziale 2008: il globo si riscalda, i ghiacci si sciolgono ma sulla musica dei Cronian continua a soffiare il gelido vento dell’Antartide. Le coordinate musicali non divergono da quelle fissate nel predecessore: la base è fornita dal post-black iperstrutturato del (pen)ultimo Vintersorg, intrecciato con elaborate orchestrazioni più vicine al concetto di colonna sonora che a quello di musica classica. La freddezza degli arrangiamenti sinfonici è portata al parossismo dagli intricatissimi pattern ritmici della drum-machine, programmata non a caso dalla mano esperta di Øysten G. Brun (Borknagar), e da un cantato quasi ipnotico nella sua linearità, sia per quanto riguarda lo screaming sia per il pulito. A tal riguardo, se da un lato è sempre con un certo rammarico che si prende atto dell’ormai definitiva rinuncia al classico vocione del Vintersorg prima maniera, bisogna anche riconoscere che su un disco come ‘Enterprise’ quello stile sarebbe risultato quanto mai fuori luogo.

Le ragioni che hanno portato e porteranno qualcuno ad avvicinarsi al nuovo Cronian sono le stesse che spingeranno altri a tenersene alla larga. La parola chiave qui è atmosfera, non emozione. Grandi deserti bianchi sferzati da violente tempeste polari, giganteschi blocchi di ghiaccio che si scontrano e si infrangono sollevando enormi ondate di acqua gelida, immobili pianure di neve da cui ogni forma di vita è bandita. Questi gli scenari che si ripresentano con ‘Enterprise’: scenari ostili ai più, eppure capaci di offrire ristoro a quei pochi che solo quando l’aria si fa più rarefatta riescono a respirare a pieni polmoni. Del resto, cos’altro rappresentano i Cronian se non la reazione di due anime isolate al concitato traffico della vita mondana, alle emozioni posticce ed esasperate del quotidiano brulicare umano in quei soffocanti formicai chiamati città? A tutto questo ‘Enterprise’ oppone gli spazi aperti di ‘Moving Panorama’, i miraggi elettronici di ‘Project Hibernation’, le sinfonie alienanti di ‘Cirque’, persino la fuga nel vuoto cosmico di ‘Deportation’.

I sinonimi cominciano a esaurirsi, ma il concetto sarà ormai chiaro. ‘Enterprise’ è un album che freddo è dire poco, e che perciò ha tutte le carte in regola per allontanare sempre più i nostalgici di Till Fjälls e degli Otyg, già disillusi dal mancato back to the roots del pur nostalgico ‘Solens Rötter’. Dischi così, tuttavia, vogliono essere ascoltati con la testa per alleviare il peso che grava sul cuore. Perciò, quanti avranno la pazienza e il carattere necessari per interpretare i Cronian attraverso la chiave di lettura opportuna, troveranno qui un inatteso rifugio dal nevrotico caos socialmente ordinato. Chi invece era già rimasto scottato dal gelo spietato di ‘Terra’ si tenga a distanza: non c’è nulla per lui fra i ghiacciai siderali di ‘Enterprise’.

Riccardo Angelini

Tracklist:
1. Diamond Skies
2. Arcades
3. Nine Waves
4. Project Hibernation
5. Cirque
6. Deportation
7. Moving Panorama
8. The Encounter
9. End(durance) – Part II

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