Recensione: Epitome Of Torture
S.O.D.O.M.
Rising from the dead
S.O.D.O.M.
Running through my vains
I Sodom non hanno bisogno di presentazione, dato che sono arrivati ormai ad essere considerati tra i padrini del Teutonic-Style thrash. “Epitome Of Torture” è il quattordicesimo album in studio e verrebbe da chiederci cosa abbiano ancora da dire i tre di Gelsenkirchen. Si nota subito un cambio dietro le pelli: dentro Makke, fuori Schkottkowski; il primo è più presente proprio a livello di volumi, rispetto al secondo che si nascondeva dietro alle chitarre. Entrambi comunque ottimi batteristi, anche se Noi rimpiangiamo Witchhunter, vero asso dei Sodom morto purtroppo nel 2008.
Come i colleghi Kreator, si sente subito un leggero cambio di sound rispetto già al precedente “In War and Peaces”, che aveva suoni più compatti. Bravi, al di là del voto, a mettersi comunque in gioco pur avendo avuto i Kreator a fare da apripista nel cambio di stile. Questo non è un aspetto negativo, ma mostra ancora una volta quanto il trio ci sappia fare ed è per questo che noi fan li ascoltiamo ancora.
La voce di Tom Angelripper è sempre la stessa, maestosa, bassa e potente pur mantenendo la solita tonalità, con alti e bassi. Purtroppo però ci sono echi evidenti, creati a mio avviso forse per sopperire alle mancanze di Tom, non più nei suoi anni migliori. Speriamo vivamente che in sede live l’eco venga eliminato (non vorrei che facesse la fine dello scoppiato Halford…)! Bernemann è ancora un mostro e riesce a creare riff spaccaossa, per tutto l’arco delle dieci tracce, anche se a volte si ha la netta sensazione che il pilota automatico sia inserito. Quello che potrebbe far storcere il naso, ad un fan accanito, è l’uso di intro e ritornelli melodici, almeno nel riffing. Le avvisaglie erano già presenti nel precedente album, ma qui si ha ancora di più la conferma. Può piacere o no questo nuovo corso, personalmente credo che sia una buona strada da percorrere in futuro, almeno per staccare con la monotonia e suonare più dannatamente moderno. Sappiamo come i Sodom non siano attaccati ad una sola idea, ma cerchino comunque di evolversi, anche se non in maniera eclatante; non li sentiremo mai giocare con i generi. I testi parlano sempre di guerra e morte come in tutti gli album ed è difficile che se ne allontanino.
“My Final Bullet” si apre con un riff tranquillo accompagnato dai piatti, ma dopo poco si accende la gran cassa e la voce di Angelripper che esce dal microfono, granitica come sempre. La melodia iniziale si percepisce però in sottofondo. “It Is My Final Bullet” canta poco prima del ritornello; per fortuna non è cosi e le pallottole pesanti come macigni dovranno ancora arrivare. Bellissimo l’assolo centrale. “S.O.D.O.M.” è una killer track da sfoggiare in sede live. La voce di Tom è meno graffiante, almeno nella prima parte, fino a quando non entra un effetto metallico, che dura pochi secondi, ma che ritornerà più avanti. Il ritornello è tra i migliori e ti lascia una scarica di adrenalina come solo i migliori Sodom sanno fare. “Epitome Of Torture” ha una prima parte melodica e riff spaccaossa e collo, come l’assolo. Meno interessanti gli echi che potevano essere tolti. Altra track che potremmo ascoltare live e che non sfigura in questo album. Le prime tre tracce sono tutte ottime e fanno ben sperare.
“Stigmatized” è stata scritta con il pilota automatico inserito, rimandando al periodo d’oro dei tre di Gelsenkirchen. Purtroppo Tom non canta molto bene, soprattutto quando accenna versi gutturali prima del ritornello e la traccia ne risente. Peccato perché ci sono assoli molto validi. “Cannibal” ha forse uno degli intro melodici più belli di tutto l’album ed è qui che si notano forse i primi cambiamenti rispetto al precedente album: un thrash che accenna un ritornello power, pur rimanendo thrash; ha un drumming potente e preciso, che prepara e accompagna l’assolo arabeggiante. Altra traccia da live. “Shoot Today-Kill Tomorrow” è scritta ancora in automatico ed è la meno riuscita nonostante in sottofondo si percepiscono riff melodici interessanti. È una killer track ma purtroppo è rovinata dalla voce metallica di Tom che arriva verso la fine e dalla batteria che non riesce mai a spiccare il volo. “Invocating The Dreams” si apre con una cavalcata di basso che si succede ad un ‘armonioso’ riff di chitarra di elevata qualità. “Invocating the demons, can you hear my hunger roar” canta Tom nel ritornello, quasi a scacciare via i demoni del passato per un futuro che lo vedrà ancora al centro della scena mondiale; colpo messo a segno con precisa maestria. Sarebbe bello sentirla live.
L’ottava e la nona traccia sono le due perle di questo album: “Katjuscha”, sembra il nome di un missile russo, e “Into The Skies Of War”. La prima si apre con un riff melodico di matrice russa, per poi dare il via alla batteria martellante e alla voce possente del cantante, mentre la seconda ha sempre un riff melodico che fa da apripista a riff, assoli lancinanti e ad un ritornello che ti entra subito in testa. Chissà se avremo mai la fortuna di sentirle dal vivo… Fossero state tutte così avvincenti le tracce, il voto sarebbe stato persino più alto. “Tracking The Victim” è un riempitivo, fatto molto bene, ma dopo le due tracce precedenti sfigura non poco. Le bonus track della limited edition non aggiungono molto e francamente sono inutili.
In sostanza questo è un album che non a tutti i fan del trio può piacere per la strada imboccata, nonostante qualche ottimo episodio. Si poteva fare molto di più, nonostante la qualità come sempre molto elevata. Non è ai livelli del disco precedente, ma con i Sodom si può ancora andare abbastanza sul sicuro!
Luca Recordati
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