Recensione: Epos
Anno 2007: con il supporto della casa di produzione No Colours Record, i kirghizi Darkestrah lanciano sul mercato quella che è la loro opera più coraggiosa: “Epos”.
Prima di introdurre l’album è bene però presentare la band, composta, al momento del lancio di tale disco, da:
– Kriegtalith voce e temir-komutz
– Resurgemus sintetizzatore
– Asbath batteria
– Anti chitarra e basso
– Sharthar tastiere e violino
Musicalmente i Darkestrah propongono un melodic black metal epico e ferale, con qualche incursione nel folk, sottolineata da un sapiente utilizzo del violino, che compare a più riprese durante lo sviluppo del brano.
Se, infatti, già con le precedenti uscite discografiche il quartetto aveva scelto di proporre brani di lunga durata, questa volta opta addirittura per una monotraccia di oltre 33 mintui, nominata anch’essa “Epos”. Al fine di poter descrivere accuratamente il pezzo ivi contenuto, lo si potrebbe dividere in due parti ideali, durante le quali si assiste a decisi cambiamenti d’atmosfera e musicali, che creano un’alternanza continua in grado di mantenere l’interesse sempre elevato.
Il compito di introdurre la canzone viene svolto da rumori di onde che si infrangono su una spiaggia, sin quando, a partire da metà del secondo minuto cominciano a fare la loro comparsa uno ad uno gli strumenti. La batteria sullo sfondo disegna ritmi cadenzati e piuttosto lenti, al di sopra dei quali si adagia il lavoro di basso e chitarra svolto da Anti.
A colpire in questa prima parte è la capacità di creare, attraverso le note, immagini evocative e tessere intrecci melodici di qualità, pur mantenendo sempre un piglio aggressivo, sottolineato dalla distorsione delle chitarre e dalla voce di Kriegtalith. Quest’ultima si mantiene sempre su uno scream canonico ed acido, piuttosto gradevole e ben eseguito.
E’ verso la prima metà di “Epos” che fanno, finalmente, la loro comparsa i violini. Questi ultimi, grazie alle loro linee decadenti, riescono leggermente a spezzare la ferocia del brano, a favore di un mood più oscuro e riflessivo.
La traccia sfuma, così, molto lentamente in un altro momento dominato questa volta non dalle onde, bensì dal rumore della pioggia e dei tuoni in sottofondo, preludio della seconda metà del brano. In questa parte a venir fuori è l’anima più folk della band, grazie all’utilizzo di strumenti tipici della musica etnica nord europea, con risultati assai gradevoli. Le soluzioni adottate richiamano lontanamente alla mente quanto fatto da band quali i Falkenbach, il tutto permeato da quell’alone romantico/decadente sottolineato ancora una volta dall’utilizzo dei volini.
Un ulteriore stravolgimento avviene verso il minuto 23, quando, dopo un breve stacco acustico, il gruppo fa marcia indietro tornando a muoversi su territori prettamente melodic black, sino ad arrivare all’outro, dominato ancora una volta da rumori di onde sullo sfondo.
Il risultato di fronte al quale ci si trova, bisogna ammetterlo, è davvero gradevole. I Darkestrah riescono a non annoiare nonostante una scelta così poco convenzionale e “pericolosa”, dimostrandosi in possesso di grandi qualità sia come esecutori che come songwriter, dando vita ad un album fascinoso, complesso ma allo stesso tempo in grado di colpire sin dal primo ascolto. A fare da cornice vi è per di più una produzione di qualità decisamente buona, capace di rendere giustizia al grande lavoro svolto dal combo del Kirghizistan, risultando pulita, ma non in maniera eccessiva.
In conlusione si può dunque affermare che “Epos”, è un episodio che potrà fare contente diverse tipologie di ascoltatori, dai blackster, a quelli più propensi al folk del nord Europa.
Buon ascolto.
Tracklist:
01 Epos
Emanuele Calderone
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