Recensione: Era
Davvero interessante lo spirito battagliero mostrato dai teutonici Alchera in questo Era, loro secondo full-lenght ufficiale in ben 15 anni di carriera e lavoro che è una vera mazzata sulla schiena per tutti gli amanti di sonorità scandinave ed affini.
Diciamo subito che, dal punto di vista dell’innovazione, non è tra queste tracce che si può sperare di trovare la svolta del genere; eppure c’è qualcosa in questo disco che cattura subito l’attenzione. Già dal trittico iniziale si è catapultati in un assalto martellante che coinvolge senza scampo e che mette in mostra una macchina ben oliata e seriamente intenzionata a farsi piacere. Sto parlando di brani che richiamano il death di Gothenburg per l’impeto del proprio sound, molto vicino alla scarnificante grettezza del black: sessione ritmica tirata fino all’ossessione, riff taglienti e veloci, voce disperatamente lacerante.
Non è tutto, però. Potendo contare addirittura su tre asce, la proposta degli Alchera, in questo album, non lesina sorprese ad ogni angolo. Fondamentalmente molto melodiche e votate al refrain di facile impatto, le linee di chitarra deviano comunque spesso dal registro predominante per sconfinare in ambiti ora più orientati al thrash, ora al viking (Vlokuslak) e al folk (Ulfhednar), riuscendo anche a ritagliare spiragli di ritmo un attimo più particolari ed osare di più, come in brani dal taglio più commerciale come Misanthropy ed Elysiums Asche, singoli ideali all’interno di un lotto che prevede anche divertenti escursioni negli abissi dell’estremo più puro. E’ questo il caso della variopinta Melkor: un episodio, tra i più divertenti dell’intero disco, per quanto mi riguarda, che vive di momenti ritmici differenti, quasi sempre giocati su una velocità molto sostenuta di esecuzione (solo un paio di impantanamenti improvvisi non fanno altro che aumentare la godibilità del pezzo), che toccheranno anche il brutal death più cupo e putrescente (dopo l’antipasto offerto da Ghul), e che deve molto anche alla grande versatilità vocale di Marc Prangenberg, autore di una prova veramente discreta dietro al microfono, nella quale ha dimostrato di poter passare dal growling più suino allo screaming modello Dani Filth con disinvoltura invidiabile, caratterizzando non poco i passaggi spesso netti dell’album; come per esempio l’escalation conclusiva comprendente la blackeggiante Rune e la violenta Fraas; per non parlare della sorprendente Bauchfleisc, posta come ultima pietra di quest’opera: una piccola chicca da 13 secondi di puro e semplice grindcore.
Tanta carne al fuoco in Era, una grigliata mista che gli Alchera hanno dimostrato di saper servire bene, con grande attenzione ad amalgamare i sapori e con la fantasia giusta per tener viva l’attenzione dell’ascoltatore per l’intera durata dell’album. Niente di trascendentale ma qualche trovata geniale buttata qua e là, compreso l’ironico essenzialismo della bella copertina di questo CD, mi suggerisce di annotarmi il nome Alchera per andarlo a ricercare in un futuro, si spera, prossimo venturo, quando magari decideranno di farci vedere qualcosa di un po’ più corposo.
Francesco ‘Darkshine’ Sorricaro
Tracklist
01. Lokasenna 03:20
02. In darkness 04:19
03. Beginning of days 05:04
04. Misanthropy 03:47
05. Dead end 03:45
06. Elysiums asche 04:21
07. Vlokuslak 04:06
08. Ghul 04:02
09. Ulfhednar 03:19
10. Melkor 04:31
11. Rune 04:17
12. Fraass 04:10
13. Bauchfleisch 00:13
Durata totale 49:09
Line-up
Marc Prangenberg – voce
Daniel Schulz – chitarre
Karl Witzmann – chitarre
Joschka Prangenberg – chitarre
Jörg Wendt – basso
Mirco “Lebra” Pinkert – batteria
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