Recensione: Erase And Reborn The Humanity

Di Daniele D'Adamo - 8 Luglio 2012 - 0:00
Erase And Reborn The Humanity
Band: Sectorial
Etichetta:
Genere:
Anno: 2012
Nazione:
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80

Da qualche tempo giungono dall’Est europeo, e in particolare dai Paesi dell’ex Unione Sovietica, alcune interessanti proposte in ambito grindcore come i polacchi Antigama e i russi Norylsk. Dall’Ucraina, stavolta, tocca ai Sectorial, formazione attiva dal 2000 (ma che sino al 2006 è esistita solo e soltanto un come garage band) e che ha prodotto parecchi singoli/EP (“Жизнь с Волками”, EP, 2003; “Cerebrum Necrosis Est It In Nobis”, EP, 2008; “Boiler”, EP, 2009; “Controlled Insane”, EP, 2009; “Zabagato?”, single, 2011; “Truth Of Life”, single, 2011) prima del full-length in esame; il primo della loro ultradecennale carriera: “Erase And Reborn The Humanity”.

E, come i compagni d’avventura sopra citati, anche i Nostri provano, riuscendoci, a integrare la scarna struttura di base del grindcore con delle contaminazioni extra-metal; tese a rimpolpare e rinnovare un cliché altrimenti trito e ritrito. Già lo strano ambient di “He Who Eats The Tale”, dal gusto elettronico stile anni ‘70 à la Kraftwerk, lascia intravedere una certa volontà nel voler suonare qualcosa di meno scontato dal solito. Il bombardamento sonoro di “Cage With No Limits”, però, sembrerebbe riportare il sound dei Sectorial entro i confini della normalità, anche se occorre evidenziare che la potenza emanata dai quattro fa davvero paura.

Anche il furibondo inizio “Too Much?”, esacerbato dai rapidissimi blast beats ‘tappati’ di Igor “Reich” Kovalenko, sembrerebbe lasciare poco spazio a voli pindarici se non, improvvisamente, compaia un flauto dolce a sostituire la chitarra ritmica! Poi, uno scacciapensieri (sic!) e infine un mood assai caldo e melodico connotano una canzone inaspettatamente gradevole e riuscita quanto originale nei contenuti; sempre coerenti, comunque, ai canoni ortodossi di base del grindcore. Non bisogna farsi ingannare dal momento di emotività, però, poiché il deathgrind più violento possibile di “The Exhausted” e di “Passing By…” spezzano le gambe a tutto e tutti. Dmitriy “TRIT” Vashchenko sfodera una gran quantità di riff che dell’hardcore ha l’influenza principale, alimentandoli comunque con soli e arricchimenti dissonanti sì da figurare un guitarwork massiccio ma allo stesso tempo agile e polierico. La voglia di muovere qualcosa di diverso trova un’altra rappresentazione concreta in “Before The Silence Come”, che rompe la continuità del furioso attacco fonico degli episodi precedenti con la delicata musicalità di un flauto suonato fra pigolii vari e ruscelli d’acqua sorgiva. Si tratta di un incanto subito devastato dall’accelerazione di “Viva Nature”, dal sapore vagamente retrò, reso così dalla piacevole voce di Ivan “Burz” Kozakevych, roca (cfr. la ‘motörheadiana“Truth Of Life) e – all’uopo – veemente e aggressiva sino al parossismo. Il vorticoso dinamismo di “The Unknown”, oltre a rimarcare la bontà del suono dell’ensemble ucraino, lascia udire per bene – anche – l’apporto tutt’altro che secondario del basso di Boris “Cliff” Krivous; possente e roteante come una clava manovrata da mani primitive. E, di nuovo, qualche improvviso sprazzo di armoniosità che, bene a scriverlo, si coniuga perfettamente con l’asprezza e riottosità generale dello stile dei Sectorial.
   
Una volta fatto proprio questo stile, semplice e variegato, i passaggi di “Erase And Reborn The Humanity” scorrono con piacere e fluidità. Il combo di Kiev alterna spesso e volentieri song violentissime (“Thy New Horizon”) ad altre meno dirette e frontali (“Flaw Of Law”) comprendendo altresì pezzi più elaborati, dai ritmi differenziati (“Stolen World”), garantendo così una certa agilità nel songwriting che, in effetti, alla fine, risulta ben lontano da ingenerare la noia. L’hardcore non viene mai meno (“Religion-Business”), e di ciò non si può che prenderne atto positivamente, giacché dimostra una fedeltà alla linea assoluta, tale da non far mai perdere la bussola stilistica ai quattro ragazzi di Kiev. L’idea di miscelare segmenti contrassegnati dall’uso di strumenti etnici (“Outro”) a momenti di sfascio assoluto (“Step By Step”) è divertente e, nondimeno, fortemente caratterizzante la personalità di Burz e compagni.  

Non rimane che auspicare vivamente l’ingresso di “Erase And Reborn The Humanity” nella discografia personale degli appassionati, lato metal estremo, poiché i Sectorial riescono, con freschezza e linearità, a rendere vivo e vegeto un genere come il grindcore, da molti ritenuto giunto alla fine della sua storia ma che, grazie per l’appunto a gente come questa, non lo sarà mai.

Daniele “dani66” D’Adamo

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Tracce:
1. He Who Eats The Tale 1:16     
2. Cage With No Limits 1:18     
3. Too Much? 3:38     
4. The Exhausted 0:52     
5. Passing By… 1:25     
6. Stones Have A Vote 0:19     
7. In Deep Shit 1:34     
8. Before The Silence Come 3:07     
9. Viva Nature 2:30     
10. The Unknown 1:07     
11. Internal Enemy 2:39     
12. Why Are You Killing Yourself? 1:43     
13. Thy New Horizon 2:25     
14. The Policy 0:45     
15. Stolen World 4:58     
16. Religion-Business 1:38     
17. Rushing Ahead 0:57     
18. In Endless Motion 1:48     
19. Flaw Of Law 2:46     
20. Step By Step 1:52     
21. Outro 2:16     
22. Truth Of Life 2:10     
23. Rise Up! (Phobia Cover) 1:45               
    
Durata 45 min.

Formazione:
Ivan “Burz” Kozakevych – Voce/Strumenti etnici
Dmitriy “TRIT” Vashchenko – Chitarra/Voce
Boris “Cliff” Krivous – Basso/Voce
Igor “Reich” Kovalenko – Batteria
 

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