Recensione: Eric the Red (reissue)
E chi se lo aspettava? I misconosciuti Týr, giovane formazione delle isole Far Oer apparentemente condannata – per natali e tipo di proposta – a una carriera avvolta dall’ombra, a quattro anni dall’esordio ufficiale approdano niente di meno che su Napalm Records, e preparano la strada al loro imminente ritorno in pista con una succulenta ristampa del secondo capitolo della loro discografia. Senza dubbio un colpo a sorpresa da parte della major, che ha voluto scommettere su una band poco nota ma di indubbio valore, cui ora si è presentata la possibilità di farsi notare da ben altre platee. Ma facciamo un passo indietro.
La prima stampa di Eric the Red, risalente al 2003 e da tempo recensita su queste pagine, fu un fulmine a ciel sereno per il sottoscritto. Amalgamando melodie folk e strutture progressive, irrobustite da una poderosa dose di heavy metal, i Týr avevano creato un’opera unica nel suo genere. Fin dall’opener The Edge, per chi scrive il miglior brano nell’arsenale della band, la proposta si rivelava vincente dal punto di vista dell’originalità e della compattezza, e metteva in luce un organico musicale affiatato, estroso e molto preparato tecnicamente. Senza neppure bisogno di metter mano alle tastiere, i Týr levavano al cielo canti impregnati dalla tradizione nordica, ora epici e maestosi (Dreams), ora pacati e avvolgenti (Ramund Hin Unge), senza disdegnare qualche parentesi più moderna (la title track). Peccato solo che un disco del genere, capace di sposare ambiti musicali tanto lontani come il prog e il folk scandinavo senza mai forzare la mano, sembrasse destinato a un futuro nell’anonimato e nell’oscurità.
Ma ora che la Napalm Records lo ha tolto dalla polvere, ripulito e adornato di un artwork nuovo di zecca, anche chi si era perso il vecchio Eric the Red può oggi soddisfare la propria curiosità. Per insaporire la pietanza anche a quanti già possedessero la precedente edizione, sulla nuova ristampa sono presenti anche un paio di seminali bonus track, tratte dai primi anni di vita della band. In realtà né God of War né Hail the Hammer sono pezzi tali da giustificare una spesa di venti euro da parte di chi ha già da parte la sua copia dell’album: il sound, che qui evidenzia una preponderante influenza sabbathiana, è ancora grezzo ed embrionale, le linee vocali appaiono più ruvide e soprattutto non c’è traccia dei cori avvolgenti che di lì a poco inizieranno a prendere il sopravvento. Tuttavia entrambi i pezzi, soprattutto il primo, presentano svariati spunti degni di interesse, che aiuteranno i fan dell’ultim’ora a farsi un’idea più completa della genesi del Týr-sound.
In attesa dell’imminente Ragnarok, col quale i Týr dovranno dimostrare di meritare l’opportunità loro offerta, l’acquisto è più che consigliato a abbiano voglia di sentire qualcosa di decisamente diverso dal solito. Di musica del genere non ne esce tutti i giorni.
Tracklist:
1. The Edge
2. Regin Smidur
3. Dreams
4. The Wild Rover
5. Stýrisvølurin
6. Ólavur Riddararòs
7. Rainbow Warrior
8. Ramund Hin Hunge
9. Alive
10. Eric the Red
Bonus tracks:
11. God of War
12. Hail to the Hammer