Recensione: Eroded Corridors Of Unbeing

Di Daniele Ruggiero - 24 Dicembre 2017 - 18:38
Eroded Corridors Of Unbeing
Etichetta:
Genere: Doom 
Anno: 2017
Nazione:
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85

Una cometa, composta di sole ombre e così densa da pesare tanto quanto il dolore, ruota attorno al vuoto cosmico generato da una lacrima, figlia di uno specchio senza riflesso. Il primo ed atteso lavoro degli Spectral Voice è dunque un astro in orbita death doom, così oscuro e funereo da collocarsi all’interno di galassie orfane di vita, seppur brulicanti di presenze spettrali che annaspano ciecamente tra l’organza di una fulgida agonia.

Dopo aver fatto pregustare ai cultori del genere il sorprendente Ep “Necrotic Doom” (uscito nel 2015), il giovane quartetto di Denver plasma “Eroded Corridors Of Unbeing” sulla stessa scia del precedente lavoro, rallentando i ritmi e coagulando ulteriormente il sangue sonoro che scorre in esso. Sulla superficie polverosa della cometa si alzano schegge di ghiaccio sospinte dal richiamo di un vento cavernoso riverberato sul growl avvolgente di Wendler che, da dietro le pelli, scandisce la traiettoria avvolgente dell’astro enigmatico. I profondi solchi della crosta aliena si riempiono lentamente di tentacoli sinuosi che richiamano il tormento provocato dall’eterna desolazione: la reale protagonista di questo universo glaciale. Le ritmiche, cadenzate e pesanti come piombo, incidono la roccia lucida di un disco così imponente ed impenetrabile da respingere qualsiasi timido approccio di speranza. Intenso e monumentale, “Eroded Corridors Of Unbeing” mostra saltuariamente bagliori di luce provenienti dal proprio nucleo interno che vengono traslati in segmenti melodici: un groviglio di fulmini definiti e sincopati aumenta il fascino di questo asteroide assordante.

L’eco sinistro delle chitarre è il preludio ad una rotazione titanica di suoni grevi, modulati da un basso mastodontico, che subiscono violente accelerazioni e repentini cambi di stato, schiantandosi successivamente contro granitici muri sonori eretti senza preavviso. Gli Spectral Voice compiono cinque rivoluzioni attorno ad un astrattismo maligno disegnando ellissi nevrotiche caratterizzate da un sound condensato e magnetico. L’immaginazione umana dipinge la rappresentazione uditiva che corrisponde ad una coltre stratificata di doom ancestrale che viene perforata da deliranti germogli ciclici di frequenza cosmica: ‘Lurking Gloom’ è l’esperienza riassuntiva più immediata.

“Eroded Corridors Of Unbeing” sembra voler travasare parte del dolore umano nel mondo asettico delle proprie sonorità, così soffocanti ed apatiche da generare atmosfere invivibili, prive di ossigeno e sature di sofferenza. Scrutando questo luogo lontano si resta ipnotizzati ed assuefatti dalle risonanze sontuose che somigliano tanto al rumore interiore dei nostri turbamenti. Una cometa distante anni luce ma così affine all’io terrestre da considerarsi il satellite più abissale dell’anima umana.

Gli Spectral Voice potrebbero essere definiti come l’appendice sulfurea dei Blood Incantation, tre membri su quattro, infatti, fanno parte del sorprendente gruppo death dal quale la band si distacca sottraendone tecnica e virtuosismi a favore di un clima più avvolgente e surreale.

L’interazione gravitazionale di “Eroded Corridors Of Unbeing” è così forte da attrarre il vuoto dell’odio universale, la rabbia di un mare in tempesta, l’invidia di un mostro senza occhi, la superbia di un diavolo solitario e farli vorticare nell’infinita spirale del suono più recondito.

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