Recensione: Errare Humanum Est…
Nel variegato panorama della New Wave Of Italian Heavy Metal sviluppatasi negli anni ’80, molti sono i gruppi che hanno meritatamente assunto un ruolo di primissimo piano tra gli appassionati: tanti nomi storici che, ancora oggi, sono ricordati come i padri putativi di un movimento tanto underground quanto ricco di contenuti interessanti. Tra tutte queste compagini, quasi mai sono ricordati i torinesi Creepin’ Death, che avevano esordito come Black Evil con un borchiato e grezzo heavy metal primordiale e che, segnati inesorabilmente dalle sonorità dei Metallica, avevano deciso di cambiare monicker, look e genere.
Dopo il demo “No Privation” del 1987, nel 1989 i Nostri esordiscono su vinile e pubblicano, tramite la gloriosa LM Records, “Errare Humanun Est… Perseverare Diabolicum!!”. Di thrash metal sicuramente si tratta ma, come spesso avveniva in un periodo musicale in cui ancora molto doveva essere inventato e come capita solo con chi ha davvero talento, i torinesi non si pongono limiti prefissati e riescono a ibridare il loro sound di molteplici influenze, tanto da riuscire a renderlo variegato e davvero originale. I pochi mezzi a disposizione – la resa dell’album è ben poca cosa se paragonata alle produzioni estere dell’epoca – causano un’evidente perdita in termini d’impatto. Ma, tale debolezza intrinseca, paradossalmente, consente di soffermarsi su tutta una gamma di sfumature che altrimenti avrebbero rischiato di rimanere nascoste da un suono iperprodotto.
Andando ad analizzare il ‘platter’ (e, per inciso, questa volta il termine ci sta davvero tutto, in quanto l’album è uscito unicamente in vinile, ora estremamente costoso tra i collezionisti), subito l’attenzione viene catturata dalla classica intro fanta-cinematografica, la quale lascia ben presto spazio a “Solitude”, sugli scudi per interessanti cambi di tempo e stop’n’go tutt’altro che sconclusionati. Colpiscono il cantato a cura di Luca Leoncini, di certo non gradevole e ben poco educato, ma originale e fuori dai soliti schemi (anche se in alcuni frangenti mi ricorda quello di Nasty Ronnie dei Nasty Savage) e l’eccellente lavoro dietro le pelli di Ricky Valo, curato, preciso e variegato.
Con “Rotten Press” arriviamo immediatamente a quello che forse è il miglior pezzo del disco nonché, davvero, il più rappresentativo: un breve giro di basso fa da introduzione a ritmiche concitate, un lavoro di batteria sicuramente ripreso dal jazz prepara il campo a fraseggi dalla grande personalità. Nessuna voglia di sommergere l’ascoltatore con irruenza fine a se stessa. Insomma, un ottimo esempio di thrash tecnico ed evoluto, non solo dal punto di vista compositivo, ma anche nelle liriche.
Con “I Want To Live” il registro rimane il medesimo: un metal che a un primo ascolto può sembrare povero, ma che, al contrario, è ricco di sfaccettature che trascurare sarebbe imperdonabile. Non è davvero il caso di usare ancora una volta a sproposito il termine ‘progressivo’ : si tratta semplicemente di metal evoluto, ossia, dove il pentagramma è usato nella sua interezza e ciascun passaggio non si sviluppa nell’ottica di tenere fede a un genere predefinito, ma di rispondere a canoni stilistici forse opinabili, ma assolutamente personali.
Con “Squirts Of Shout” i tempi rallentano decisamente: il ritmo si abbassa, ma non il livello qualitativo d’insieme. Base ritmica e chitarre si alleano non solo costruendo lo scheletro centrale, ma arricchendo il pezzo di pregevoli arrangiamenti. Le reminiscenze hardcore di “Stop That Car” da una parte e il continuo essere a metà tra classico e alternativo di “From The Dark” inducono a chiedersi dove sarebbero andati a parare i piemontesi, musicalmente parlando, se avessero avuto i mezzi e il tempo adeguati… risposta difficile… l’unica certezza è che sarebbe delittuoso considerare tale lavoro come casereccio solo per il suono o per una copertina poco accattivante.
Concludendo l’ascolto dell’album, vengono in mente due altre band che, all’interno dello stesso genere, diedero prova di simile inventiva: i Broken Glazz e, ancora di più, gli Headcrasher. Stessa epoca, stessa città e un’etichetta, la Dracma Records, il cui mastermind era proprio quel Giancarlo Eusebio chitarrista dei Creepin’ Death. Un fil rouge sottile quanto significativo, senza dubbio! “Errare Humanun Est… Perseverare Diabolicum!!”, pur non potendo essere considerato una pietra miliare del metal italiano, rimane un lavoro completo e interessante per l’epoca. Forse addirittura troppo, tanto da passare relativamente inosservato in quegli anni. Un motivo in più, per offrire oggi un’altra chance a un lavoro ambizioso e originale.
Vittorio “Vittorio” Cafiero
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Track-list:
1. Intro – Solitude 6:53
2. Rotten Press 4:07
3. I Want To Live… 4:10
4. Squirts Of Shout 6:16
5. Stop That Car 4:46
6. From The Dark 5:55
7. Black Horizon 3:59
8. Green White Red 5:10
Durata 41 min. c.a.
Line-up:
Luca Leoncini – Vocals
Paolo Quarati – Guitars
Giancarlo Eusebio – Guitars
Paolo Testa – Bass
Ricky Valo – Drums