Recensione: Escape
Attivi da ormai un decennio e con tre buoni full length in carniere che molto hanno contribuito alla loro notevole notorietà nella terra del sol levante (comunque significativa anche nel vecchio continente), segnaliamo l’interessante come back sulle scene discografiche degli olandesi Terra Nova dei fratelli Fred e Ron Hendrix i quali, messo a riposo il progetto parallelo “Aquila”, decidono di ripresentarsi forti del vecchio monicker al giudizio del pubblico con questo recente “Escape” (doppiato a breve distanza dal greatest hits), edito dalla nostrana Frontiers sei mesi orsono e, come da tradizione, imperniato sul classico rock melodico e spensierato di matrice nord europea: quello che ne deriva è un piacevole ritorno alle atmosfere rilassate e positive tipiche dell’AOR/Hard Rock di pregevole fattura, dove la componente aggressiva è quasi del tutto inesistente a tutto vantaggio della ricerca del feeling più positivo e “sorridente”, arricchito dalle tipiche melodie care al genere e a loro volta caratterizzate da ritornelli di pronta presa e strutture musicali piuttosto semplici e votate alla causa dell’easy listening.
Nessun disappunto coglie l’ascoltatore nello scorrere le dodici melodicissime tracce presenti sul cd, che pur non proponendosi quale capolavoro di valore indiscutibile è in grado di offrirci degli interessanti episodi di ottimo rock melodico, evidenziando l’intento per nulla nascosto della band di garantire un oretta scarsa di buona musica che non richiede particolare impegno ed intrattiene piacevolmente scorrendo senza particolari intoppi.
Soluzioni musicali ricche di brio e dal profilo parecchio allegro si rincorrono senza sosta alternandosi di tanto in tanto a qualche ballad dal sapore estremamente “zuccheroso” come si conviene ed a qualche istante maggiormente introspettivo, evidenziando inoltre un gusto piuttosto riuscito per le orchestrazioni di contorno (“Heaven Knows” e “You are the one” sono episodi molto chiarificatori in questo senso) e le porzioni di natura classicheggiante che coadiuvano con successo le trame spesso solari e quasi “vacanziere” che vengono eseguite ed interpretate con buona efficacia e sicurezza.
Davvero significativo inoltre lo spirito con cui vengono proposti i brani, i quali già dal titolo ci danno ad intendere le intenzioni della band: un pezzo intitolato “Back In The Eighties” e che recita “The best years of my life” nel ritornello è più che un semplice pezzo musicale, è una sorta di manifesto programmatico, per non parlare di un ulteriore esempio di amore incondizionato per il sano e genuino hard rock come “Long Live Rock n’ Roll” posta in apertura ad indicarci senza possibilità di errore il credo dei fratelli Hendrix e dotata di un testo che pare quasi una professione di fede (Long live rock n’roll in my heart and my soul through time and eternity… beh più chiari di così!). Medesimo discorso per “Escape”, la title track, dove i toni si mantengono dello stesso livello (lampante il richiamo ai Journey di antica memoria, che proprio con un platter intitolato “Escape” realizzarono uno dei loro successi più grandi) sempre giocati su di una atmosfera pienamente gioiosa, frizzante e piena di vitalità, e per le urgenti “Part Of The Game” e “Rock Bottom” dove le orchestrazioni a cui si accennava in precedenza si fanno più evidenti e manifestano qualche influenza ricollegabile al conterraneo Valentine, ed a qualche nome storico come Boston ed ELO. Sono invece singolari e degni di menzione gli episodi intitolati “Sole Survivor” e “War on War”, ove melodie del tutto gioiose ed “ottimiste” sono in realtà completate da testi in pieno contrasto ed incentrati sulle brutture della guerra, ad indicare come i Terra Nova siano sì grandi sognatori ma comunque anche figli di questa disgraziata e sofferente epoca.
Da rilevare infine la notevole prova dietro al microfono di Fred Hendrix, dotato di una espressività e capacità interpretativa di tutto rispetto e la buona produzione che rende il suono ben definito ed adeguatamente apprezzabile.
Credo sia evidente dunque il fatto di trovarsi al cospetto di un opera di buon livello, eseguita (fatto encomiabile) senza eccessiva pretenziosità ed arricchita da un “quid” di buone vibrazioni che la rendono meritevole di simpatia e buon feedback, a cominciare dall’artwork molto ben curato (così come il sito della band al quale vi rimando e dove è disponibile anche qualche sample), finendo all’effettivo valore delle composizioni, magari a volte tanto positive e “zuccherose” da provocare un insorgenza di carie, ma sempre estremamente godibili e di valida compagnia.