Recensione: Escape Velocity

Di Lorenzo Maresca - 31 Maggio 2015 - 10:00
Escape Velocity
Etichetta:
Genere: Progressive 
Anno: 2015
Nazione:
Scopri tutti i dettagli dell'album
70

Uno dei vantaggi che Internet ha portato al mondo della musica è di poter collaborare con artisti di ogni parte del mondo senza doversi muovere di casa, ed è proprio in questo modo che ha scelto di lavorare Vincenzo Avallone nell’ideazione di Escape Velocity, suo primo album solista. Il giovane chitarrista salernitano si è avvalso, infatti, dell’aiuto di alcuni musicisti di altre nazionalità, chiamati a partecipare come ospiti alla realizzazione di un disco che Vincenzo, dal suo studio, ha curato in ogni aspetto: dalla composizione alla registrazione, dal mixaggio alla produzione e infine all’artwork. La copertina ci suggerisce subito in modo abbastanza chiaro quanto andremo ad ascoltare, progressive metal legato a tematiche Sci-fi, nel quale convivono tanto riff agguerriti di chitarre eptacorde, quanto atmosfere eteree ambient e space rock. Trova spazio anche qualche occasionale inserto di elettronica, che ben si sposa con il genere proposto.

Suoni misteriosi aprono “SG-1”, archi e flauti sembrano emergere dal buio come in un’ipotetica colonna sonora, ma subito dopo irrompe una sezione ritmica piena ed energica che, qui come in altri momenti, può ricordare le sonorità di Devin Townsend. Ascoltiamo in questa traccia i primi due ospiti: Ruan C. Elias alla voce, che canterà altri tre brani, e Kirill Konyaev al basso, presenza fissa durante l’intero album. Il timbro di Elias è graffiante, aggressivo, e le linee vocali sono influenzate da quelle di un metal abbastanza tradizionale, con qualche richiamo al power. Il pezzo funziona e scorre bene, senza particolari problemi. Su “Ascension” si assiste a uno scambio di assoli tra la chitarra del padrone di casa e la tastiera di Gabriel Soares, dalla band folk metal brasiliana Hagbard. Anche qui il ritmo resta tirato, così in “Space Battleship 31”, che sfoggia un ottimo ritornello e un cantato in scream in un paio di punti.
I due brani seguenti portano una prima svolta nel disco, che rischiava altrimenti di diventare un po’ ripetitivo. “Gliese 581-G” è una strumentale dal carattere sereno, fatta di arpeggi di chitarra carichi di eco e riverbero vicini al già citato Devin Townsend, mentre “Stars Between Us” è una ballata che si distingue per la comparsa di una voce femminile, April Gibson, sicura ed efficace nella sua prestazione. “By Your Side” torna su territori simili a quelli dei primi brani; Elias mostra qui anche il lato più limpido della sua voce, ed è un peccato che non si senta più spesso.
A questo punto i cantanti escono di scena e l’ultima parte dell’album è affidata a quattro tracce strumentali, non male come idea, vista l’atmosfera spaziale che si vuole creare. La title track presenta alcuni dei riff più duri ascoltati finora. Nelle successive “Sub-Orbital Love” e “Samsara” vanno segnalati invece i notevoli assoli di Vincenzo, ispirati a quella linea di chitarristi che va dal mito John Petrucci al più giovane Marco Sfogli. “Home Planet” chiude il disco in modo rassicurante, tra chitarre pulite, tastiere e suoni della natura.

In conclusione si può parlare senza dubbio di un esordio positivo: una buona produzione, canzoni sempre godibili e una valida prova da parte di ogni musicista. L’unico consiglio è di tentare una maggiore varietà in fase compositiva e, magari, osare di più in qualche caso. Questo anche per valorizzare al meglio l’innegabile lavoro che sta alle spalle di Escape Velocity. Se Vincenzo Avallone cercherà di migliorarsi ogni volta, con lo stesso impegno dimostrato nel suo debutto, potrebbe ottenere dei risultati davvero considerevoli.

 

Ultimi album di Vincenzo Avallone