Recensione: Esoteric Warfare
I Mayhem son uno di quei gruppi entrati, di diritto, nella storia del black metal. Uno di quei nomi che ha segnato la nascita del genere e l’intera scena musicale (anche e soprattutto a causa di vicende esterne alla musica). Un tale blasone, un tale curriculum, però, spesso possono divenire più d’intralcio che d’aiuto. Non è mai semplice ripetersi, rimanere all’altezza delle aspettative del pubblico e, ancor più, è quasi impossibile rinnovarsi. Lo sanno bene i Mayhem che giungono a questo “Esoteric Warfare” dopo ben sette anni di silenzio, dal quel “Ordo Ad Chao” che aveva segnato un parziale allontanamento dal sound che aveva contraddistinto gli inizi della band ed evidenziato un tentativo di sperimentare nuove strade, ma che aveva anche fatto inevitabilmente storcere più di un naso.
Sette anni son tanti, pochi sono i gruppi che si permettono periodi di riflessione così lunghi tra un full-length e l’altro. Uno dei motivi è certamente anche il non far salire troppo le aspettative dei fan, che tendono a lievitare come l’impasto sotto uno straccio umido.
Dunque è ovvio che, dopo tutto questo tempo, sia la critica che il pubblico fossero estremamente curiosi di sentire cosa erano stati in grado di partorire Attila Csihar e soci.
L’impressione, fin dalle prime note di “Watchers”, è che i Mayhem abbiano fatto propria la lezione di “Ordo Ad Chao” e non siano incorsi negli stessi errori. Come vedremo, però, la band norvegese ha fatto i compiti a casa molto meglio di quanto ci si sarebbe potuti aspettare e quello che, a prima vista (o ascolto), sembrava un onesto svolgimento, figlio di un ritorno alle origini, è in realtà molto di più.
Dopo “Watchers” tocca a “Psywar”, l’unico piccolo assaggio che il gruppo aveva concesso come antipasto al disco completo. Si tratta di un brano che, ormai, tutti abbiamo sentito e risentito fino a farcelo uscire dalle orecchie, analizzandone ogni nota, per intuire, profetizzare, attraverso esso, come avrebbe suonato il resto del full. Oggi possiamo dire che era una buona anticipazione, ma di certo non era esaustiva. Copriva gli aspetti più violenti e brutali dei Mayhem, quelli che strizzavano maggiormente l’occhio al passato, quelli che probabilmente la maggior parte dei fan voleva disperatamente, ma era volutamente cieco di fronte alle novità.
Dello stesso tenore è la successiva “Trinity”, in cui i Mayhem sembrano quasi confondersi un attimo e non ricordare più il proprio monicker, per cui ne prendono a prestito un altro che comincia sempre per M, cioè Marduk. L’intro parlata, certi passaggi e il sound delle chitarre, così come la velocità del brano, unita ai suoni di guerra campionati, sembrano presi a forza da “Panzer Division”. Non un pessimo brano, anzi, si tratta di una canzone convincente e orecchiabile, ma piuttosto semplice rispetto ad altre, il meglio deve ancora venire.
Si comincia a fare sul serio con “Pandaemon”, di certo uno dei pezzi migliori di tutto il lotto. Violenta, brutale, una canzone apparentemente calata perfettamente negli stilemi dei Mayhem degli albori, ma molto meno easy e lineare di quanto sembri a un primo ascolto. Proprio questa è la chiave per comprendere il resto del disco: brani che scorrono veloci, grintosi, ma dai diversi livelli di lettura che contribuiscono anche alla longevità del disco.
Ascolto dopo ascolto, infatti, “Esoteric Warfare” è un album che riesce sempre a mostrare qualcosa di nuovo, svelandosi poco a poco, mantenendo sempre ben desta l’attenzione dell’ascoltatore, pronto a cogliere qualcosa di cui non si era accorto precedentemente. L’impressione è che, pur con sette anni di ritardo, i Mayhem abbiano centrato il punto che avevano mancato con “Ordo Ad Chao”. “Esoteric Warfare” riesce a presentare una evoluzione del sound e della struttura delle canzoni, pur senza tradire lo spirito della band, è sperimentale e al contempo tradizionale. Anche la produzione procede lungo lo stesso sentiero: niente più chitarre zanzarose e ingombrante rumore di fondo, ma suoni puliti, impeccabili, eppure glaciali e inquietanti; in pratica la modernità al servizio delle atmosfere di vent’anni fa.
Per concludere: “Esoteric Warfare” è il ritorno sulle scene che tutti speravano e auspicavano per i Mayhem. Un ritorno qualitativamente molto buono, in grado di far felici sia gli estimatori dei primi tempi della band, grazie a una ripresa di certe sonorità, che i critici, merito sicuramente della capacità di Attila Csihar, Hellhammer e soci di inserire qualche novità e qualche sperimentazione nel proprio sound. Un disco, dunque, in grado di mettere tutti d’accordo. Visto il risultato potremmo dire che gli scorsi sette anni siano stati spesi bene, ma proprio a causa del buon risultato, ci auguriamo di non doverne attendere altrettanti per il prossimo.
Alex “Engash-Krul” Calvi
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