Recensione: Et Liber Eris
La libertà, tradotta in note, raccontata con leggerezza nonostante una forza che è propria al termine medesimo ed al significato che ognuno di noi può darle, viene rappresentata dai nostrani Adimiron.
Il progetto, arrivato alla propria quinta fatica in studio, ci regala un progressive death metal in grado di fluttuare con dinamismo sino a noi, nonostante una presenza “fisica” di grande impatto. Visivamente muscolari nella produzione, con una precipua attenzione ai bassi, ma al contempo capaci di regalare contenuti ed emozioni, gli artisti si spostano con estrema classe nei vari punti cardine del filone.
Voci gutturali, harsh e poi melodicamente vaporose ed epiche, disegnano un paesaggio che può abbracciare un’ampia gamma di ascoltatori. La base del full-length è un progressive che sta a metà tra il tocco degli Opeth e l’impronta dei Gojira, paragoni scomodi ma che vi devono far comprendere lo spessore degli Adimiron.
Non è per nulla semplice rendersi riconoscibili e spiccare in un panorama ricco di particolarità ortografiche e tecnica come quello in cui i ragazzi si cimentano. E’ altrettanto innegabile però come, un po’ per gli innesti death metal, un po’ per la fantasia delle strutture e la loro geniale irregolarità, i musicisti riescano a spiccare nella bolgia in cui si sono collocati.
Parliamo di accenti, spunti che fanno ben sperare, dati dalla capacità di integrare e legare le varie influenze senza però seguire un clichè predefinito. Ciò che ci ha smosso di più, dal punto di vista dell’originalità è sicuramente l’impasto delle voci e, talvolta, l’uso di chitarre “sibilanti” e poco in linea con il death o il progressive, nello specifico. Sono sensazioni le nostre, alimentate dall’imprevedibilità degli sviluppi, melodici e non, del full-length.
Gli amanti del filone non saranno delusi, trovando tutti quegli elementi formali che delineano, per raffinatezza e precisione esecutiva, il progressive. In egual modo, chi vuole spunti più aggressivi, vedrà in sottofondo il genere della morte scorrere nelle vene di Et Liber Eris; anche la personalità non manca, così da attirare palati più esigenti, pur non accecando ancora per luminosità. Insomma, musica in libertà nel vero senso della parola, così che lo spirito possa godere della propria leggerezza, senza perdere i piaceri dei sensi, immergendosi anima e corpo in un mare fatto di note e genialità.
Stefano “Thiess” Santamaria