Recensione: Eternal Prisoner

Di Stefano Burini - 9 Maggio 2007 - 0:00
Eternal Prisoner
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Anno: 1992
Nazione:
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85

Dopo due album a suo stesso dire “di transizione”, Axel Rudi Pell, chitarrista tedesco già noto dalla metà degli ’80 come axeman degli Steeler, trova con Eternal Prisoner quella giusta alchimia che non era venuta a crearsi nell’ambito delle precedenti releases e, soprattutto, trova in Jeff Scott Soto la voce che aveva sempre sognato di sentir cantare sulle proprie canzoni.

L’ugola calda, vigorosa e dalle squisite inflessioni soul di JSS non rappresentava di certo una sorpresa, viste le numerose collaborazioni illustri di cui egli poteva già fregiarsi all’epoca e nonostante l’ancor giovane età (lead vocalist nei Talisman e addirittura nei Rising Force di Yngwie Malmsteen, tanto per citare le più note), tuttavia non è possibile non rimanere ogni volta estasiati dal suo cantato: vibrante, intenso e all’occorrenza aggressivo, perfettamente valorizzato da composizioni molto melodiche e giocate sul groove come quelle dell’axeman di Bochum, capace di esaltarne le qualità canore ed interpretative, lasciandogli spesso e volentieri il ruolo di protagonista assoluto.

L’album si dipana sostanzialmente tra le tre-quattro tipologie di canzone tipiche della produzione del biondo guitar player; ad aprire le danze l’esplosiva opener ‘Streets Of Fire’, una spettacolare up-tempo metallica, scandita da strofe incalzanti e da un ritornello fantastico urlato a squarciagola da un irrefrenabile Soto. Segue a ruota ‘Long Time’, uno dei pezzi in assoluto più riusciti dell’intera carriera di Axel Rudi Pell, costruito su riff strepitosi, linee vocali superbe e un assolo conciso ed elegante che lascia presto libere di sfogarsi le corde vocali del cantante americano, capaci di sprigionare un enfasi e una potenza inaudite.

La title track rappresenta, negli intenti di Axel Rudi Pell, un brano accostabile alle mitiche “Heaven & Hell”, “Mistreated” e “Stairway To Heaven”: canzoni lunghe, possenti e dense di passione e sentimento che nei grandi concerti degli anni ’70 rinascevano a nuova vita trasformandosi in infuocate jam arricchite da intro, assoli e duelli voce/chitarra di fronte ad un pubblico estasiato e riconoscente. Il guitar work su ‘Eternal Prisoner’ è di altissimo livello, sia in fase solista che ritmica, le strofe sono cariche e pronte ad esplodere mentre Soto raggiunge nel monumentale refrain vette di pathos assolutamente straordinarie e Axel riesce finalmente a duellare ad armi pari con il ruggente singer americano, tra cascate di note e crescendo strumentali di grande intensità emotiva che trovano l’apice in un pirotecnico assolo su base speed che va a concludere il pezzo come meglio non si potrebbe.

Rallenta un po’ il ritmo, dopo un terzetto al cardiopalma, con la bellissima ‘Your Life’, immancabile ballata in cui chitarre acustiche in sottofondo sorreggono le incredibili evoluzioni vocali di Soto, impegnato ad intonare melodie intense e strappalacrime inframmezzate da brevi fraseggi elettrici e da un altro ottimo assolo di chitarra.

Gli unici, relativi, cali di qualità si ravvisano a metà tracklist: ‘Wheels Rolling On’ è un classico mid tempo heavy metal cadenzato e piuttosto canonico nel quale, più che in altri pezzi, si palesano i limiti di un drumming a volte un po’ troppo scarno, mentre ‘Dreams Of Passion’ non ha sufficiente sostanza “strumentale” per fare a meno delle vocals di JSS, finendo per scomparire al cospetto della precendente ‘Your Life’. Tra queste due tracce si colloca la song più hard-oriented del lotto, ‘Sweet Little Suzie’, aperta in pieno Aerosmith-style, con Soto a fare il verso a Steve Tyler, e dotata di andamento dinamico e di un buon ritornello, nonchè di un singolare intermezzo strumentale interamente dominato alle percussioni “tropicali” di Jorg Michael.

Marciando verso il termine si ritorna ai fasti qualitativi del trittico d’apertura: ‘Shoot Her To The Moon’ è un classico heavy metal a media velocità, molto incisivo e provvisto di strofe e refrain potenti e cantabili mentre la conclusiva ‘Ride The Bullet’ è un hard ‘n’ heavy scorrevole e divertente e dal ritmo incalzante in cui le strofe sparate a velocità supersonica vengono interrotte soltanto dalle scorribande metalliche della ESP di Axel in attesa di un altro refrain memorabile.

In definitiva un ottimo prodotto di hard ‘n heavy, debitore in egual misura dell’hard rock settantiano e dell’heavy/power metal europeo, ricco di grandi canzoni esaltate dalla prestazione stratosferica di uno dei migliori cantanti su piazza e che denuncia, al contrario, i propri punti deboli in un paio di cali di tono a metà scaletta e nel drumming fin troppo lineare di uno Jorg Michael  che talvolta dà l’impressione di impoverire brani che necessiterebbero di tappeti ritmici ben più pieni ed elaborati e in generale di maggior potenza (Mike Terrana, in questo senso, da “The Masquerade Ball in avanti”, saprà dare una marcia in più ai pezzi di Axel, sia in studio che in live).

Stefano “Joey Federer” Burini

Tracklist
1. Streets Of Fire
2. Long Time
3. Eternal Prisoner
4. Your Life (Not Close Enough To Paradise)
5. Wheels Rolling On
6. Sweet Lil’ Suzie
7. Dreams Of Passion
8. Shoot Her To The Moon
9. Ride The Bullet

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