Recensione: Ethnoprison
Provenienti dall’Abruzzo e autori di un sound con nette coordinate
stilistiche che sembrano essere uscite direttamente dalla Svezia, capitale europea del melodic death, i
No More Fear debuttano nell’anno 2001 con il full-lenght Vision
Of Irrationality. Dopo uno split con i conterranei Sin Driven Tide datato 2005,
la band torna sul mercato con il secondo studio album, Ethnoprison.
Registrato negli Outer Sound Studios di Roma e prodotto da Giuseppe Orlando
(Novembre), questa nuova fatica del gruppo abruzzese si mette da subito in bella
mostra con una produzione fresca, moderna e curata nei minimi dettagli in modo
da mettere in modo da risaltare tutti gli strumenti presenti. Il sound che caratterizza le
dieci tracce racchiuse all’interno di Ethnoprison è un death/thrash di stampo
svedese caratterizzato da ritmiche furiose ma che non abusano troppo della
velocità, guidate dall’ottimo lavoro delle chitarre sempre pronte a sfornare
riff semplici, melodici e lineari. Semplicità quindi, ma non per questo c’è
bisogno di aspettarsi una proposta musicale prevedibile: rispetto alla solita e
classica formula lanciata dai maestri At The Gates, portata avanti dagli
In Flames e copiata spudoratamente da migliaia di altre band in circolazione, i
No
More Fear cercano in tutti i modi di rendere il loro sound il più personale
possibile.
Lungo lo scorrere dei quarantacinque minuti a disposizione all’interno
dell’album ci troviamo di fronte a una tracklist per niente omogenea, con brani nettamente più thrash-oriented come l’iniziale Demiurgic Contested Paternity e
soluzioni che arrivano a strizzare l’occhio al gothic più tradizionale, come nel
break centrale di Quiet Blowing, caratterizzato sopratutto dagli arpeggi
malinconici delle chitarre che vanno a sorreggere un cantato con voce pulita che
ritroveremo anche nelle aperture più melodiche della successiva Forgotten Roots.
Impeccabile la prestazione dell’intera band, a partire da una sezione ritmica
che non sbaglia nemmeno un colpo, passando per il riffing sempre preciso e mai
troppo scontato delle chitarre e fino ad arrivare alle soluzioni vocali
adottate, le quali si distaccano dalla solita formula caratterizzata
dall’alternarsi fra screaming e voce pulita sempre presente sui refrain, per
lasciare spazio ad un growl gutturale che si rifà al death di stampo
statunitense.
Semplice, diretto e dotato di un songwriting fresco e abbastanza dinamico,
Ethnoprison è un disco che riesce a mettere in bella mostra quelle che sono le
ottime doti tecniche e compositive della band abruzzese. In definitiva, questo
nuovo disco dei No More Fear non è altro che un ulteriore passo in avanti
rispetto ad un esordio che aveva già lasciato ben sperare: in questo caso le
strutture dei pezzi, se messe a confronto con il disco precedente, riescono ad
essere molto più originali e ben congeniate, grazie anche ad una varietà di
pezzi scorrevoli e facilmente assimilabili che non scadono mai nella banalità.
Attendiamo fiduciosi un ulteriore passo in avanti che, visti i risultati
ottenuti fino ad oggi, non tarderà di certo ad arrivare.
Angelo ‘KK’ D’Acunto
Tracklist:
01 Demiurgic Contested Paternity
02 In the Beginning It Was In The Ocean
03 White Crash
04 Reading Of Fog
05 Quiet Blowing
06 Forgotten Roots
07 1,618
08 Wonderful Common Place
09 Ethnodiscipline
10 Una Lagrima Sulla Tomba Di Mia Madre (Instrumental)