Recensione: Eucharistic Mutilations
Necromutilation.
I recenti natali (2009) non debbono assolutamente ingannare, giacché l’ensemble lombardo adotta uno stile musicale clamorosamente proporzionale all’inverso della sua età. Un’inversione che non incarna la ‘solita’ antipatia per la religione convenzionale, rigettando difatti qualsiasi passo, pure microscopico, in ordine all’evoluzione del metal estremo.
Dopo il classico demo d’inquadramento della questione (“The Devil Arisen”, 2011), il mostruoso trio regola la line-up e comincia a dimenarsi nell’underground, suonando dal vivo e mettendo assieme il materiale necessario per il debut-album, uscito il mese scorso per la nostrana Terror From Hell Records. “Eucharistic Mutilations”, così s’intitola l’infernale creatura di P., E. ed R., non lascia dubbi sulla propria consistenza sin dall’artwork, rozzo che più rozzo non si può; involuto all’inverosimile tra cover e foggia dei caratteri, addirittura arcaici nella loro forma.
Totalmente involuto, ed è ciò che importa maggiormente, in una proposta musicale lanciata all’indietro sino alle prime sperimentazioni in materia di heavy metal (e non punk, si badi bene) accelerato, incattivito e oltremodo aggressivo. Come quello sparato nel cranio dai Motörhead alla fine degli anni 70 che, guarda caso, è stato fonte d’ispirazione primaria per i Bulldozer, cui si possono accostare per più di un verso i Necromutilation. A parte l’impareggiabile e caratteristico sound che scaturisce dalle formazioni a tre elementi, per quanto si voglia essenziale, senza fronzoli, la band italiana riesce a impiantare nel suo lavoro un incredibile flavour che sa di tradizione e ortodossia sino al midollo. Una specie di ‘proto-tutto’ che, di fatto, non è riconducibile a un singolo elemento formativo del metallo oltranzista ma che li accorpa tutti. Proto-black, proto-thrash e in particolar modo proto-death ci entrano ciascuno con la relativa percentuale di competenza, nel sound dei Nostri. Oltre a Motörhead e Bulldozer, Venom, Hellhammer, Possessed e Bathory possono insomma citarsi quali contrafforti di un background culturale che non oltrepassa il biennio 1985 ÷ 1987 e che rappresenta, evidentemente, il limite superiore della personale identità stilistica dei Necromutilation
A parte l’indizio palesato con il rifacimento di “13 Candles”, brano leggendario degli ancor più leggendari Bathory – contenuto in “Under The Sign Of The Black Mark” del 1987 – è l’opener “Streams Of Armageddon” a smascherare, immediatamente, la fiera attitudine retrò del terzetto di Mantova. Dai i rigurgiti del bestiale semi-growling di P., agli schiaffoni sulla batteria da parte di R., passando per il rombo indistinto del basso di E. e le sulfuree cuciture della sei corde dello stesso P., ogni sforzo è chiaramente indirizzato a materializzare quanto più concretamente possibile l’indimenticabile atmosfera del metallo primigenio. Stupenda, in tal senso, “Fuck With Darkness”, spettacolare tuffo nel tempo grazie a un fantastico riff ‘quantico’ di P. Poi il platter si uniforma un po’ a se stesso, perdendo leggermente tensione in virtù di un songwriting che forse non avrebbe nemmeno potuto mantenersi allo stesso livello delle due song appena citate.
Malgrado questo, “Eucharistic Mutilations” è e resta un’opera assai particolare. Certo, non affiorerà mai dal più profondo e immondo sottoterra ma, in fin dei conti, a chi importa?
Daniele “dani66” D’Adamo