Recensione: Everlasting
Allievo fin dall’adolescenza del maestro Jim Peterik (Survivor, Pride of Lions e tanto altro) il vocalist Joe Vana nel 2002 diede alla luce, insieme al compianto Fergie Frederiksen (ex-Toto) il primo, omonimo disco dei Mecca, considerato uno dei capolavori dell’AOR degli anni 2000, e certamente uno dei dischi più brillanti di tale genere usciti al di là dell’epoca dei fasti maggiori del rock melodico (gli anni Ottanta del secolo scorso).
I Mecca hanno poi dato seguito a tale sorprendente esordio un po’ col contagocce, con album rari ma sempre di eccellente qualità (“Undeniable” del 2011 e “III” del 2016), in cui Vana si è affiancato a vari musicisti devoti al melodic rock (ma anche al prog), come Tommy Denander, David Hungate, Christian Wolff, Tony Levin, Pat Mastellotto.
Altri sette anni sono passati dalla più recente uscita della band, ed ecco arrivare ora “Everlasting “, nuovo album che vede il cantante collaborare, ancora una volta, con Tommy Denander (come ospite), ma soprattutto con Alessandro del Vecchio (in veste di produttore e tastierista), con Sven Larsson alle chitarre, con il figlio Joey Vana alla voce e con altri ospiti del calibro di Stefano Lionetti (Lionville).
Con una squadra così in campo, l’album non poteva che essere che un florilegio del più classico AOR di stampo ottantiano. Ne sono calzante esempio canzoni come The Rules Of The Heart, un midtempo ad alto tasso di melodia non scevro però da innesti di energia rock, stilisticamente collocata da qualche parte tra Toto e Survivor e ben caratterizzata da assoli di chitarra molto melodici. Sulla stessa scia la splendente Falling e Living In Fear, nella quale la sei-corde si lancia in spunti quasi fusion.
Un altro esempio da manuale dell’AOR è And Now The Magic Is Gone, che inizia con un suono si pianoforte ma prosegue in un crescendo che insegue lo stile dei Survivor.
“Everlasting “ contiene anche digressioni particolarmente interessanti che s’allargano un tantino oltre i confini delle tracce sopra descritte, come l’eccellente Endless Days (con le sue articolate escursioni degli strumenti in ambito pomp/prog sebbene sempre con la centro un’ intensa melodia, These Times Are For Heroes (dalle chitarre che inanellano vortici sonori), e I Won’t Walk Away (solare midtempo in area Journey).
Non manca uno slow, tanto canonico quanto intenso: si tratta proprio della title-track Everlasting.
I Mecca del 2023, in definitiva , non propongono alcunché di innovativo, ma con classe sopraffina, capacità di comporre melodie irresistibili e di costruire arrangiamenti patinati e di rara eleganza, testimoniano la propria devozione ai classici dell’AOR e riescono ancora una volta (sebbene non ai livelli dell’album di esordio) a mandare in sollucchero gli appassionati di tale genere.
Francesco Maraglino