Recensione: Everything Goes On
Nato quasi per gioco come lavoro unicamente strumentale, il progetto E.G.O. (che sta per “Everything Goes On”, anche titolo dell’album) si è, con l’andar del tempo, sviluppato sempre più, aggiungendo di volta in volta alla sua base di power sinfonico la voce femminile, qualche sporadico inserto di growl maschile e una seconda voce pulita femminile. Fin qui nulla di strano: le due voci pulite si giocano bene le loro carte – anche se in un paio di occasioni si sente che sono state aggiunte in un secondo momento – saltellando da gorgheggi liricheggianti a un’impostazione maggiormente stradaiola, e il growl viene, a mio avviso giustamente, centellinato per sottolineare solo questo o quel passaggio senza diventare asfissiante o suonare troppo fuori contesto; è però dal punto di vista strumentale che il quartetto modenese (i cui membri provengono da gruppi come Artaius, Chocobo Band, Neophobia ed Ecmnesia) si diverte a inserire nel classico metal sinfonico di partenza una base di musica elettronica, creando così quello che il gruppo chiama electro-epic, anche se più per esigenze di catalogazione che vera appartenenza (per stessa ammissione del gruppo: qui di epic, in realtà, non ce n’è traccia). Ma in cosa si traduce tutto ciò, in parole povere? Immaginate sintetizzatori ed effetti che punteggiano le tracce, contendendo a tratti il primo piano a tastiere e chitarre e screziando le melodie solari, maestose e dall’intenso sapore cinematografico create dal gruppo con divertenti svolazzi ai limiti dell’electro-pop e della dance anni ’90; so che molti dei defender più veterotestamentari leggeranno la mia ultima affermazione come un’eresia, ma devo ammettere che questo “Everything Goes On”, pur con qualche sbavatura qua e là, non mi è affatto dispiaciuto. Nonostante la maestosità delle melodie che molto spesso lo sovrastano, il comparto rock/metal è comunque abbastanza presente: le chitarre si sentono e donano solidità all’amalgama finale, alzando la testa di tanto in tanto per pretendere attenzione tra una melodia fastosa ma elegante e un fraseggio più compassato. Anche le inflessioni di musica elettronica si fondono bene al tutto – solo in un paio di occasioni mi sono sembrate un po’ confuse, rendendo più caotico del previsto il risultato finale – donando a questo o quel passaggio sfumature più sintetiche ma tutt’altro che asettiche, senza andare ad appesantire la struttura delle composizioni che, per parte loro, fluiscono in modo abbastanza agile, anche vista la loro durata piuttosto contenuta. “Everything Goes On”, infatti, consta di sei canzoni più una bonus, che altro non è che la versione dilatata (e molto bella) della conclusiva “Until the End of Time”, per una mezz’ora complessiva di musica piacevole ed elegante, che si diverte a creare melodie enfatiche e luminose cui si affiancano atmosfere eteree e passaggi dilatati, contemplativi, scanditi da un gusto rilassato e a tratti quasi folk a cui fa da contraltare una carica propositiva fresca e solare che sembra uscita dalla colonna sonora di qualche anime science-fantasy. Ogni tanto si percepisce un’eco dei Nightwish del periodo “Oceanborn” o dell’immediato post-Tarja che si mescolano a un incedere che mi ha ricordato, a tratti, i primi lavori del progetto ERA per via delle sue tinte quasi mistiche.
Discorso a parte merita, secondo me, la versione originaria dell’album, quella solo strumentale, che si può trovare scaricando la “Deluxe Edition”. Mentre la versione finale di “Everything Goes On” procede, infatti, in modo liscio e senza scossoni ma anche senza particolari guizzi, la sua controparte strumentale riesce, a mio avviso, a raggiungere l’obiettivo in modo più ficcante, avvolgendo con maggiore facilità l’ascoltatore nelle sue atmosfere. Non essendo più legate dal comparto vocale, infatti, l’incombenza e la maestosità create dai nostri guadagnano corpo, appropriandosi della scena con un piglio diverso, più consapevole, e dilagando con la coerenza interna che cerco sempre ma che non sempre trovo nelle composizioni strumentali.
Tirando le somme, questo “Everything Goes On” non mi è dispiaciuto affatto: pur non inventando nulla nell’ambito power sinfonico, l’album si lascia apprezzare grazie a una resa sonora intrigante, atmosfere ben costruite e un bell’equilibrio tra i diversi elementi che lo compongono.
Ok: le fondamenta ci sono, adesso bisogna tirar su i muri.