Recensione: Evil is forever
Nuovo lavoro per gli Astral Doors che, dopo l’ uscita di “Of son and the father” nel 2004, ci propongono questo “Evil is forever”, cd prodotto dalla spagnola Locomotive records.
L’album non si discosta molto dal precedente lavoro che di certo non aveva ricevuto molta fama né nel nostro paese né nel resto del mondo. Il problema principale di questo gruppo è la mancanza di originalità; la band è indubbiamente valida dal punto di vista strumentale ma risulta carente per quanto riguarda le idee. I nostri infatti suonano un heavy metal classico senza troppe pretese e seguono i canoni più tipici del genere sconfinando ogni tanto nell’ hard rock americano con qualche puntatine nel southern rock.
La voce ricorda molto quella di Ronnie James Dio di “Holy diver” e la cosa non è di certo negativa, tutt’altro; ritmi di chitarra graffiante sono accompagnati da cavalcate di batteria mozzafiato che fanno venir voglia di agitarsi come nel caso di “Bride of Christ” e “Time to rock” in cui la potenza delle strofe si amalgama bene con la melodia dei ritornelli che risultano sempre orecchiabili e a tratti un po’ commerciali.
La titletrack “Evil is forever” ci riporta a suoni decisamente più anni ’70 grazie all’utilizzo di un suono di tastiera che riprende quello della Hammond e ad un ritmo cadenzato che di certo non lesina potenza ed un cantato southern sullo stile primi Blackfoot o Grand Funk Railroad.
Riff stoppati e dialoghi tra voce e chitarra costituiscono il punto focale di brani come “Lionheart” e “Praie the bones” che però alla lunga risultano un po’ noiosi e già sentiti migliaia di volte.
Discorso diverso va invece fatto per “Fear in their eyes” in cui la voce tipicamente stoner lascia qua e là spazio ad un cantato più pulito e melodico che sembra quasi essere narrativo; il tutto è accompagnato da chitarre con suoni granitici e da un quattro quarti di batteria un po’ banale ma sempre efficace.
In “The flame” troviamo invece inserti maideniani per quanto riguarda alcuni riff che vengono accostati ad un cantato pressoché perfetto sia per potenza che per doti canore ma che in alcuni frangenti lascia perplessi per la banalità di alcuni passaggi.
Questo “Evil is forever” è quindi un album abbastanza inutile sotto molti aspetti a causa della mancanza di idee e di originalità; i brani sono molto simili tra di loro e dopo quattro o cinque canzoni viene voglia di spegnere lo stereo visto che tutto sembra essere sempre uguale. Sia chiaro, l’esecuzione delle canzoni è perfetta senza cadute di stile o stonature di sorta, ma tutto sa di già sentito migliaia di volte e, sinceramente preferisco sentire i gruppi che questo genere l’ hanno inventato. Questa non è una bocciatura in toto ma semplicemente una delusione a causa della mancanza completa di originalità e di personalità da parte del gruppo che ha sfornato un cd che è esattamente la copia perfetta del loro lavoro precedente. D’accordo rimanere fedeli al proprio genere, ma incidere album identici uno all’altro mi sembra veramente eccessivo.
TRACKLIST:
1. Bride of Christ
2. Time to rock
3. Evil is forever
4. Lionheart
5. Praise the bones
6. Pull the break
7. Fear in their eyes
8. Stalingrad
9. From the cradle to the grave
10. The flame
11. Path to delirium