Recensione: Evil Upheaval
Gli australiani Depravity, nati nel 2016, dopo solo due anni di attività – e in mezzo un EP, “Reign of the Depraved”, 2016 – giungono a dare alle stampe il loro debut-album, “Evil Upheaval”.
Bastano tuttavia pochi secondi di ascolto dell’opener-track ‘Manic Onslaught’ per rendersi conto che di tutto si tratta, tranne che di una formazione alle prime armi. E difatti, scorrendo il curriculum dei cinque membri, si scopre che trattasi di musicisti scafati, pregni di tecnica ed esperienza: Jamie Kay (voce – Inanimacy, ex-The Alchemont, ex-Obscenium, Necromancer, ex-The Ritual Aura), Lynton Cessford (chitarra – Entrails Eradicated, ex-Gallows for Grace, ex-Malignant Monster, ex-The Alchemont), Jarrod Curley (chitarra – ex-Malignant Monster, ex-Pathogen), Ainsley Watkins (basso – ex-Scourge) e Louis Rando (batteria – Bloodlust, Impiety, Mhorgl, Psychonaut, The Furor, ex-Dybbuk, ex-Malignant Monster, ex-Militant Mass, ex-Pagan, ex-Pathogen, ex-Shrapnel, ex-Earth Rot (live), ex-Nervecell (live), ex-Choke (live)). Una ridda di nomi che non è solo mera elencazione enciclopedica, ma anzi la dimostrazione lampante di quanto più sopra affermato.
“Evil Upheaval” è un full-length brutale, duro, incisivo, violentissimo. Il brutal death metal che i Depravity riescono a mettere assieme è fra i migliori ascoltati quest’anno. Sia per l’intensità, sia per la consistenza di uno stile completamente formato, adulto, pieno. Scevro da qualsiasi elemento possa ricondurre alla questione a un approccio che non sia perfetto in tutto e per tutto. Perfetta l’interpretazione, perfetto il sound, più che buono il songwriting.
Pur essendo piuttosto intricato e difficile, il brutal sparato dalle bocche di fuoco del combo di Perth scorre via senza intoppi, rivelando una continuità a tutto tondo che, una volta di più, mostra la bravura di un ensemble davvero capace e, soprattutto, in grado di raggiungere le più alte vette del metal estremo senza complicanze di alcun tipo. Una linearità d’intenti che identifica una delle caratteristiche peculiari del platter. Del resto, i Nostri riescono anche a infondere alle proprie note un mood tetro e oscuro (‘Despondency’), che spezza l’idea che il brutal sia solo… brutalità e basta.
Brani come ‘Repugnant’ rappresentano lo status dell’arte in materia. Jamie Kay plasma le proprie linee vocali mediante un growling non esagerato ma stentoreo, possente, lungi da suinesche dissertazioni con l’inhale. Le due chitarre erigono un muro di suono abnorme, spesso, massiccio, invalicabile per via dell’ampiezza delle tre dimensioni, dilatate dal drumming tentacolare di Louis Rando, batterista dotato di grande abilità, a suo agio con qualsiasi ritmo, blast-beats in primis.
Un altro segno particolare di “Evil Upheaval” risiede nella raffinatezza delle composizioni. Il sound, come detto, è qualcosa di enorme, dissonante, devastante, complesso. Tuttavia, le tracce scorrono con disarmante facilità in antitesi a qualcosa che, al contrario, in molta parte dei casi, risulta indigesto e stancante. Il brutal dei Depravity è a volte assolutamente annichilente (‘The Great Divide’), purtuttavia, pur essendo lontano anni-luce dai concetti legati alla commerciabilità mainstream, si lascia ascoltare con una facilità sorprendente. In questi casi è complicato capire perché ciò avvenga. La risposta è celata nella coesione fra i componenti della band, nella loro abilità a fondersi per un unico sound che fissi a fuoco il marchio di fabbrica della formazione nonché nel talento di scrittura. Ma, soprattutto, di qualcosa d’indefinibile che il quintetto della Western Australia ha, e che tanti altri non hanno. Il famigerato quid in più, insomma.
Una bella sorpresa, questi Depravity: “Evil Upheaval” è brutal death metal per tutti!
Daniele “dani66” D’Adamo