Recensione: Evilfire
Il promo degli Evilfire è un qualcosa di così anacronistico che non può passare inosservato, almeno per come intende l’HM il sottoscritto. Fin dalle prime note della title track Evilfire ho compiuto un ideale salto temporale di più di vent’anni indietro: HM puro, in stile nwobhm, insomma una summa di tutto quello che usciva in Italia da parte di band nostrane nei primissimi eighties. Le influenze US metal e teutonic metal erano ancora di lì a verificarsi, quello che dettava legge era il british metal di stampo anglosassone, quindi metriche lineari, cavalcate metalliche da urlo e una buona e sana dose di epica.
Gli Evilfire mi hanno rimembrato, anche per via del cantato un po’ acerbo, tantissimi altri loro antichi colleghi nostrani all’esordio. Il secondo pezzo Dark Clouds non sposta di un millimetro il ‘tiro’ di questo demo: ancora una volta le sonorità della vecchia Inghilterra la fanno da padrone. Si chiude con Broken, che conferma quanto da me scritto sopra. L’esordio degli Evilfire è coraggioso, indubbiamente: suonare HM classico che più classico non si può nel 2005, avvalendosi della tipica formazione a cinque con due chitarre e rinunciando a effetti barocchi, tastiere e compagnia bella è una dichiarazione di intenti da non sottovalutare.
Margini di miglioramento ce ne sono parecchi, come è giusto che sia per un esordio discografico, ma le premesse per fare bene mi sembra proprio di poter dire che ci siano tutte.
Stoici!
Stefano “Steven Rich” Ricetti