Recensione: Evoked From Abysmal Sleep

Di Marco Tripodi - 19 Ottobre 2018 - 8:00
Evoked From Abysmal Sleep
Band: Runemagick
Etichetta:
Genere: Death 
Anno: 2018
Nazione:
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Death metal (early), Death/Doom (later), così Metal Archives classifica gli svedesi Runemagick, creatura del leader indiscusso Nicklas “Terror” Rudolfsson, il quale porta avanti la sua personale visione dell’apocalisse dal 1991, anno del primo demotape della band. Non ci si crede ma sono ben 12 i full-length rilasciati in carriera, a cui vanno sommati gli inevitabili EP, split, singoli e compilation di corredo. A loro modo sono stati prolifici questi svedesi, pur considerando i frequenti assestamenti di line-up e il fatto che spesso molte delle loro release sono uscite nell’indifferenza generale, in modo quasi carbonaro, tant’è che andando a rivedere oggi l’elenco dei vari titoli si rimane persino sorpresi nel testimoniare quanto abbiano in effetti pubblicato. Io cominciai a segurli con “Resurrection In Blood” nel 2000, poi approfondii avanti e indietro la loro produzione per metabolizzare sempre più il loro nebbioso e ferale nadir di Death e Doom Metal, una sorta di crocevia nel quale i due generi si incontravano e si fondevano, divenendo un unico flusso di lava nera e peciosa.

I Runemagick sono un po’ dei “caratteristi” del metal. Al cinema i caratteristi sono quegli attori che, per accidente o per demerito, non sono mai riusciti a guadagnarsi un posto da protagonisti, ma che talvolta sono stati così abili da riuscire persino ad oscurare i prim’attori, guadagnandosi un quarto d’ora di celebrità per quel certo ruolo che hanno interpretato in maniera iconica ed indimenticabile. Attorno ai 2000, con album come “Enter The Realm Of Death” e il suddetto “Resurrection In Blood” i Runemagick hanno rischiato grosso, stavano per diventare qualcosa di ingombrante nel panorama death metal scandinavo e conseguentemente europeo. Due buoni album, non eccellenti ma molto buoni, una bella ventata di (putrida) aria fresca all’indomani di un decennio di pestilenze alternative, grungettare, industrialoidi e infine esaltate dal rinvigorirsi pure di un Power Metal spesso e volentieri plasticoso e disneyano. I Runemagick arrivavano come un racconto di Edgar Allan Poe a guastare la festa a tutti gli abitanti di Topolinia; paludi, morte, afflizione e oscurità irrompevano fragorose, praticamente come essere dentro la casa degli Usher mentre questa crollava sotto il peso dei secoli e delle nefandezze umane. Nel 2002 escono addirittura due album del gruppo (“Requiem Of The Apocalypse” e “Moon Of The Chaos Eclipse“), un altro paio l’anno dopo (“Darkness Death Doom” – considerato l’album manifesto dalla band stessa – e “The Pentagram“), e poi ancora scandendo ogni anno fino al 2007, quando la bulimia si arresta e trascorre oltre un decennio di iato prima che il combo scandinavo si riaffacci in sala d’incisione con un nuovo album di inediti. Curioso il percorso dei Runemagick, no? Soprattutto trattandosi di una band pesantemente impregnata di Doom e non di una avanguardia Hardcore o Grindcore.

Una chiave di volta sta proprio nella progressiva mutazione del sound dei Runemagick, sempre più interessati a perseguire fantasmi e visioni doomish anziché mortifere, ed è così che la bilancia dei generi vede sempre più spostarsi in basso (quindi appesantirsi di peso specifico) il piatto del Doom rispetto a quello del Death. Questo, a mio gusto e parere, ha un po’ svuotato di interesse la proposta dei Runemagick i quali, oltre ad autoinflazionarsi con una miriade di uscite pressoché anonime e infinitesimali, hanno anche tolto sostanza e magma alla propria proposta, finendo con l’arrivare a questo “Evoked From Abysmal Sleep“, 45 minuti che alternano buone idee e sonno abissale, appunto. Vale questa alternanza lungo tutta la scaletta dell’album, riff sulle prime interessanti, tirati e ripetuti seimiladuecentoventordici volte mentre intorno la batteria si incarica di tenere il freno a mano tirato per l’intera orchestrina, un indistinto e sepolcrale rumorìo di fondo fa vibrare le casse, effetti chitarristici lacero-contundenti emergono in superficie per poi inabissarsi inghiottiti dall’entropia, Rudolfsson tesse le sue trame vocali orchesche e lamentose. Il cliché si ripete a copione brano dopo brano, inesorabile, opponendo momenti più atmosferici a lievi pedalate in cui si ingrana, la seconda, al massimo la terza, sempre stando attenti a non dare troppi giri al motore. Ci vogliono parecchi ascolti per capire l’album, per capire che quello che c’è da capire è che non c’è poi molto da capire, ovvero tanta carne al fuoco per quagliare pochissimo, ma impressionare più che altro l’ascoltatore con un clima, una suggestione, uno sfondo cupo, oscuro e necrofilo, ma talmente rarefatto e inconsistente da svanire non appena lo si irradia con una piccola luce indagatoria.

Evoked From Abysmal Sleep” non è un album osceno, ma non aggiunge nulla né al genere né alla discografia dei Runemagick. La band ama guardarsi l’ombelico, girare in tondo e continuare a sviluppare centimentro su centimetro il proprio binario musicale, fatto di variazioni (sempre più impercettibili e atomicamente microscopiche) di un eterno funerale che non finisce mai di essere celebrato. 11 anni sono tantissimi per poi ritorvarsi tra le mani praticamente il solito “cronico” inamovibile disco dei Runemagick, magari con un artwork meno criptico e impersonale del solito. Raccomandato per i cultori senza se e senza ma del Death/Doom, totalmente impermeabili a qualsivoglia critica e sentore di motilità, nonché idrofobi al primo raggio solare che annuncia l’alba dopo la lunga notte di luna nera e senza stelle.

Marco Tripodi

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