Recensione: Evolution
«No, aspetta, cosa ci fanno i Disturbed su Truemetal?» vi starete chiedendo… Beh, me lo sono chiesto anch’io, così ho iniziato a riflettere sulla band. Mi è subito venuto in mente “Believe”, e mi son detto «eh, cazzo, che disco», poi ho pensato a “Ten Thousand Fists”, «altro gran lavoro», e “Immortalized”, «album eccelso, quello della definitiva consacrazione», senza scordare “Indestructible”, forse il loro platter più riuscito dalla svolta post “The Sickness”. Già, proprio il debutto “The Sickness”, con le sue aperture Korn style, è stato l’album della controversia, il capitolo che agli occhi dei metalhead più intransigenti ha fatto etichettare i Disturbed come “nu”. Ma a partire da “Believe”, la loro seconda fatica, i Nostri hanno attuato una svolta, puntando maggiormente sulla melodia, unendo rock e metal con quello spirito esploso nel Nuovo Continente sul finire degli anni Novanta e agli inizi del nuovo millennio, generando una proposta personalissima, che può essere inserita in quel filone “modern” ma le cui basi poggiano fortemente su rock e metal, appunto. Insomma, l’evoluzione dell’evoluzione, che contemporaneamente guarda al passato e al futuro, e in quest’ottica, i Disturbed non possono mancare su Truemetal.
È in questa direzione che ci tuffiamo nell’ascolto di “Evolution”, settimo disco della band capitanata dall’istrionico David Draiman, una delle voci più belle, poliedriche e personali sfornate dal nuovo millennio. “Evolution” arriva a tre anni di distanza da “Immortalized”, l’album del ritorno sulle scene dopo la momentanea pausa iniziata nella seconda metà del 2011, disco che, come detto in precedenza, ha sancito la definitiva consacrazione del combo americano, spinto al successo anche grazie alla sentita rivisitazione di ‘The Sound of Silence’, cover dell’immortale brano di Simon & Garfunkel, che ci ha permesso di ammirare i Disturbed, e Draiman in particolare, sotto una veste nuova, che ancora non conoscevamo. Inutile dire che le aspettative riguardo al nuovo lavoro siano elevatissime, tanto più se consideriamo le dichiarazioni rilasciate dalla stessa band, dove i Nostri attribuiscono a “Evolution”, nella loro storia e carriera, lo stesso significato che il “Black Album” ha avuto per i Metallica. Parole pesanti, che ci fanno pensare di trovarci al cospetto di un lavoro studiato nel dettaglio, pronto a sviluppare e perfezionare il sentiero intrapreso con il fortunato “Immortalized”, puntando su quel mix di melodia e adrenalina che ne avevano dettato il successo. Come spesso accade in queste occasioni, però, le aspettative vengono prontamente tradite dal risultato finale. Strutturato in dieci canzoni, a cui si aggiungono quattro bonus track nella versione deluxe, “Evolution” mette in evidenza la volontà dei Disturbed di puntare sull’appeal radiofonico dei pezzi, perdendo per strada quell’istintività, quella carica adrenalinica su cui le composizioni del quartetto americano hanno sempre poggiato. Ci troviamo così al cospetto di un lavoro sicuramente ben suonato e strutturato, che può vantare un suono curatissimo, frutto dell’ottimo lavoro svolto da Kevin Churko in cabina di regia, ma che purtroppo si rivela privo di mordente, non riuscendo a tenere viva l’attenzione dell’ascoltatore, nel corso della sua durata.
Non aspettiamoci quindi canzoni con il tiro di ‘Open Your Eyes’, ‘Haunted’, ‘Ten Thousand Fists’ o ‘Liberate’, canzoni cariche di energia e adrenalina, caratterizzate da quella ritmica stoppata di Donegan e dalla devastante voce di Draiman, pronto a dare vita a dei ritornelli irresistibili. “Evolution” ci regala delle composizioni scontate, dove a farla da padrone sono delle soluzioni strumentali semplici, studiate per dare libero sfogo e maggiore attenzione alle suadenti linee vocali di un Draiman in forma smagliante, pronto a spaziare in tutto il suo spettro vocale come mai fatto prima. Forse ci ripeteremo, ma proprio questo aspetto, il fatto di puntare sulla melodia delle linee vocali, evidenzia ulteriormente la volontà dei Disturbed di strizzare l’occhio alla dimensione radiofonica, tanto più se nelle dieci tracce ufficiali del disco, ben quattro risultano delle ballad. E anche qui, non aspettiamoci delle ballad in stile ‘The Light’ o ‘Darkness’, ma composizioni caratterizzate da un tappeto sonoro acustico, in modo da dare la possibilità a Draiman di spingersi in territori diversi dal suo standard e mettere in evidenza la sua strepitosa voce. Canzoni sicuramente piacevoli, dotate di grande musicalità, come è il caso della conclusiva ‘Already Gone’ o della più “rockeggiante” ‘Watch You Burn’, che nella sua parte centrale, volutamente o meno, fa un po’ il verso a ‘Kashmir’ dei Led Zeppelin, ma dai Disturbed ci aspettiamo qualcosa di diverso. Se poi ci concentriamo sui rimanenti pezzi, incontriamo vari filler come ‘The Best Ones Lie’, ‘Savior of Nothing’ e ‘Stronger on Your Own’, forse la traccia più debole dell’intero lotto. Canzoni che non hanno pesantezza né adrenalina, ma si accontentano di un ritornello melodico e coinvolgente, studiato per la dimensione live. La parte migliore di “Evolution” si rivela così quella in apertura, dove troviamo i capitoli più convincenti del disco, partendo dal singolo ‘Are You Ready’, per arrivare a ‘In Another Time’, forse l’episodio migliore dell’album. Composizioni in cui possiamo ritrovare le caratteristiche cui i Disturbed ci hanno abituati. Sempre nella prima parte, troviamo ‘No More’, canzone atipica per Donegan e soci, caratterizzata da un’atmosfera positiva e allegra, ma che risulta comunque ben confezionata e rientra di diritto tra i pezzi migliori di “Evolution”.
Cos’altro dire su questa nuova fatica targata Disturbed? Eh, diciamo che ci saremmo sicuramente aspettati qualcosina in più. Come detto in sede di analisi, “Evolution” risulta ben suonato e strutturato, con qualche canzone sicuramente ben riuscita, sia tra le tracce più energiche che tra le ballad. Quello che lascia perplessi è la semplificazione messa in atto dal combo americano, che punta alla conquista di una dimensione mainstream, perdendo per strada, però, quella carica, quell’esplosività che ne ha sempre contraddistinto le composizioni. Ci troviamo così al cospetto di un lavoro che punta tutto sul talento del proprio cantante, sfruttando delle linee vocali riuscite, coinvolgenti, trascinanti, interpretate magistralmente da un Draiman sopra le righe. Questo, però, può andare bene per un lavoro solista del singer americano, anzi, se così fosse stato, forse parleremmo di questo platter con altri toni, ma avendo a che fare con un album a nome Disturbed, beh, è normale aspettarsi e pretendere qualcosina in più. “Evolution”, al momento, è una delle delusioni di questo 2018. Un vero peccato, le aspettative e speranze attorno a questo disco erano ben altre.
Marco Donè