Recensione: Evolution Through Revolution
Associare follia e Brutal Truth è sempre stata una cosa abbastanza semplice. Una follia primordiale, però. Selvaggia. Non fredda, non calcolatrice ma animalesca e furiosa al massimo livello, con la punta raggiunta in quel Sounds Of The Animal Kingdom dal titolo molto più che semplicemente azzeccato e che ha fatto capire una volta per tutte che la definizione di grindcore, per loro, è veramente troppo stretta.
Quei giorni di pazzia sono passati da ben dodici anni e adesso Evolution Through Revolution prova a raggiungere le stelle della discografia dei quattro Newyorkesi, accompagnato dalle gigantesche aspettative dei fan in attesa da anni e dalla paura degli stessi di trovarsi di fronte a una reunion non all’altezza, come successo a recenti esempi illustri (chi ha detto Gut?).
Fortunatamente, e lo dico da subito, Evolution Through Revolution è un grande album. Un album che possiamo tranquillamente etichettare come il naturale successore del già citato Sounds Of The Animal Kingdom, con al suo interno sia richiami ai vecchi lavori sia un ulteriore ammodernamento del suono. La minimalissima Branded, ad esempio, è un chiaro riferimento a Collateral Damage dell’album di esordio; Semi-Automatic Carnation va invece a ripescare quella forte vena noise di Need To Control e canzoni come Itch o la spledida title track mostrano di che pasta è il bagaglio musicale introdotto dal nuovo membro del gruppo alle sei corde.
Proprio l’ingresso in formazione del chitarrista Erik Burke (già nei Sulaco e nei Nuclear Assault, tra gli altri) in sostituzione di Brent “Gurn” McCarthy aveva infatti posto un grosso interrogativo su quali fossero le reali capacità dei Brutal Truth oggigiorno a livello compositivo. In effetti la differenza si sente, anche se non si può parlare di un peggioramento o di un miglioramento del sound rispetto al passato. E’ semplicemente un cambiamento; un’ulteriore evoluzione del suono come si è ormai abituati a ogni nuova uscita dei Brutal Truth. L’approccio del nuovo arrivato è sempre fondamentalmente psicotico, come vuole la tradizione, ma ancora meno canonico e più dissonante del buon vecchio ed eclettico Gurn. Il resto dei membri li conosciamo: ci sono i tempi improponibili di Richard Hoak alla batteria, come sempre non un mostro di velocità ma assolutamente fuori dagli schemi in quanto a fantasia; c’è il distortissimo basso di Danny Lilker e c’è anche quel grande frontman chiamato Kevin Sharp con la sua caratteristica voce, ancora oggi una spanna sopra la maggior parte dei cantanti estremi per espressività e potenza. Non mancano neanche le influenze, dal punk rock, al crust, al rock sperimentale che hanno caratterizzato specialmente gli ultimi dischi e sono ancora ben presenti le tematiche di protesta nelle liriche e nell’attitudine del gruppo. Da segnalare anche una produzione assolutamente potente e pulita: una novità rispetto ai suoni grezzi e ruvidi delle loro precedenti uscite.
Tanta carne al fuoco, insomma, che in aggiunta al songwriting complesso e intricato limita la facilità di assimilazione e costringe a ripetuti ascolti prima di “entrare” veramente in Evolution Through Revolution. Una volta aperto il coperchio, però, non si può che godere e anche se l’album non raggiunge propriamente il punto più alto della discografia dei Brutal Truth, è senza dubbio la colonna sonora ideale per uscire di testa.
Michele Carli
Discutine sul forum nel topic dedicato al Grindcore!
Tracklist:
01. Sugardaddy
02. Turmoil
03. Daydreamer
04. On the Hunt
05. Fist in Mouth
06. Get a Therapist
07. War Is Good
08. Evolution
09. Powder Burn
10. Attack Dog
11. Branded
12. Detached
13. Global Good Guy
14. Humpty Finance
15. Slow
16. Itch
17. Afterword
18. Lifer
19. Bob Dylan Wrote Propaganda Songs
20. Grind Fidelity