Recensione: Ex Umbra in Lucem

Di Daniele D'Adamo - 25 Maggio 2024 - 9:00
Ex Umbra in Lucem
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Black metal sinfonico. Stavolta per davvero. Niente sinfonie, appunto, elaborate con tastiere e ammennicoli elettronici vari, bensì una vera orchestra che ha registrato le partiture di competenza presso gli AIR Studios londinesi, ben noti agli addetti ai lavori.

Stupisce, pertanto, almeno a parere di chi scrive, che “Ex Umbra in Lucem”, debut-album dei Lamentari, sia un lavoro autoprodotto. Sì, c’è una distribuzione professionale, a valle, grazie alla All Noir PR. A monte, però, i sei musicisti francesi hanno dovuto arrangiarsi con i propri mezzi. E lo hanno fatto come si deve, giacché il disco suona molto bene, nel suo perfetto bilanciamento fra la parte di musica classica e la ferocia devastante del black metal.

Black classico, questo. Si direbbe che si aggiri da molto vicino attorno alla purezza del symphonic black metal, per quanto il sound rispetti i dettami del sottogenere del metallo oscuro. La tenebra la fa da padrona, a cominciare dall’agghiacciante intro ambient/strumentale ‘Spiritus Noctis’, decisa invocazione a entità innominabili. E poi, il massacro sonoro. ‘Tenebræ’ scatena i dannati che giacciono indefinitamente all’Inferno in una sorta di velocissima girandola, come se fossero trasportati da un vento di tempesta. Fulgori di blast-beats sferzano l’aria, sconvolgendo l’ipotetico osservatore dello sfacelo del Regno del Buio.

La potenza annichilente della sezione ritmica si unisce, si compenetra, trapassa la monumentale possanza dell’orchestra sinfonica fondendosi in un’unica forma musicale che fa da sottofondo, ma non solo, alle trame chitarristiche. Pure esse allineate alla magnificenza di un sound capace di erigere un muro di suono spaventoso, di spesso pressoché infinito, alto come i misteriosi altopiani dell’Antartide. Chitarre che, oltre a quanto sopra, si dilettano in scorribande neoclassiche, cementandosi così nei righi musicali per un risultato da evidenziare con la dovuta enfasi.

E il condottiero di questa mirabolante avventura nell’ignoto? Risponde al nome di Daniel Lønberg, cantante anch’esso fedele tradizione del symphonic black metal. Le harsh vocals percorrono senza tregua linee estremamente aggressive, come se egli tirasse la parte musicale con forza inusitata. Ringhiando quando compaiono le prime allucinazioni da hyper-speed, come accade per esempio in ‘Tragoedia in Domo Dei’, dimostrando coraggio e abilità nell’assumersi la responsabilità del comando delle operazioni di frantumazione delle membrane timpaniche.

L’idea del latino è ovviamente trita e ritrita ma, nonostante ciò, non stanca mai, donando alle canzoni un’aurea di mistero, spingendo al massimo la paura per gli orrori che si rinvengono come reperti archeologici durante il viaggio da ‘Spiritus Noctis’ ad ‘Arcanum Ignis Animæ’. Titoli che incutono terrore per la loro imperscrutabilità. Titoli da leggenda. Da epopea, scritta scevra da errori dai Nostri mediante la creazioni di canzoni di alto livello tecnico ma soprattutto artistico. La tecnica è importante, certamente, ma in opere di questo genere è fondamentale, per la loro piena riuscita, la realizzazione impeccabile delle partiture musicali.

E qui eccellono Lønberg e compagni, dotati di un notevole talento compositivo, che li rende capaci di spaziare lungo tutto l’arco dell’LP senza mai perdere un colpo. Mai un calo di tensione, mai un calo di potenza, mai un calo di energia, neppure nell’infernale mid-tempo di ‘Appugno’. Invero non c’è molta melodia intesa tipo ritornelli di facile presa o roba del del genere. Niente, l’intensa partecipazione delle sinfonie producono la dovuta orecchiabilità ma non si spingono su facili armonizzazioni. Eppure, malgrado quest’apparente filo di disarmonia che compare un po’ qua, un po’ là, i brani sono bene definiti e altrettanto ben diversi gli uni dagli altri. Il che aiuta la loro comprensione e messa a memoria.

“Ex Umbra in Lucem” non sarà forse un esempio di lampante originalità, tuttavia è stato elaborato in maniera assolutamente grandiosa per via del suo incredibile sound e per la indiscutibile bontà delle tracce. Un ringraziamento, infine, ai Lamentari, capaci coraggiosamente di realizzare da soli un lavoro pieno zeppo di certezze e di segnali che indicano una band che può dare molto, al (sotto)genere.

Che qualcuno li metta sotto contratto!

Daniele “dani66” D’Adamo

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