Recensione: Execution
Lanciato con i Thoten nel 2001 da Kiko Loureiro degli Angra, e giunto a suonare nel nostro paese sia al Gods Of Metal (2003), sia all’Agglutination festival (2001), il brasiliano Renato Tribuzy porta oggi avanti il suo progetto solista, che fa clamore soprattutto per le star che vi partecipano: da Bruce Dickinson a Michael Kiske, da Roland Grapow a Ralf Scheepers, dallo stesso Kiko Loureiro a Chris Dale, da Matt Sinner a Roy Z, a Dennis Ward…
Mi aspettavo un album tipicamente power metal, ma se da un lato sono innegabili i riferimenti a certa produzione power/heavy teutonica (su tutti Accept, Sinner, Primal Fear), è il sound dei Judas Priest, e nella fattispecie di “Painkiller” (cui tra l’altro le band sopra citate devono molto) a delineare i tratti fondamentali di questo “Execution”.
Fin dalla opener “Execution”, infatti, le soluzioni melodiche richiamano quelle della band inglese, con strofe cantate in maniera ruvida e maligna da Renato, e con un refrain anthemico in cui alla linea principale se ne aggiunge all’unisono una in falsetto in salto d’ottava, per un risultato che è ormai un marchio di fabbrica per Rob Halford, e che si ripeterà con successo anche in “Divine Disgrace”: il contrasto tra questi chorus marcatamente teutonici e le strofe oscure e potenti mettono in luce il cantato migliore di Tribuzy, non altrettanto apprezzabile sulle tonalità medio-alte, piuttosto anonime…
Da bocciare l’intermezzo acustico della titletrack, inutile quanto il brusco modo con cui era entrato: i brasiliani adorano il prog, e l’influenza Dream Theater è viva anche nei Tribuzy, ma con risultati che lasciano sempre insoddisfatti.
Di chiaro stampo Priest risultano comunque anche i suoni delle chitarre, sempre ingombranti e taglienti, di Frank Schieber e Gustavo Silvera, mentre è innegabile il diretto richiamo a “Painkiller” persino nei pattern ritmici adottati dal bassista Ivan Guilhon e dal batterista Flavio Pascarillo in “Beast In The Light”.
Michael Kiske fa la sua parte in “Absolution”, con un’intro oscura e malinconica, per poi lasciare il microfono a Renato sulla strofa, e per riprenderselo su bridge e chorus, che definirei arioso ma non troppo, come del resto tutto il platter, che manca di brani veramente memorabili, se si esclude l’ammiccante “Nature Of Evil”, cover dei Sinner qui riadattata in chiave ammiccante-radiofonica.
Rimane da annotare la prestazione un po’ in ombra di Dickinson su “Lake Of Sins”, e il bruttissimo assolo, ai limiti del cacofonico, su “Web Of Life”, per un album fatto di alti e bassi, che in ogni caso attirerà curiosi e appassionati del genere.
Tracklist:
- Execution
- Forgotten Time
- The Attempt
- Divine Disgrace
- Absolution
- Web of Life
- Nature of Evil
- Lake of Sins
- Beast in the Light
- Aggressive